Sul ghetto di Arghillà Nord si continua a seguire la strada più sbagliata
"Un'idea errata e discriminante: dare la colpa alla comunità rom", afferma il Comitato Un Mondo di Mondi
03 Febbraio 2025 - 15:41 | Comunicato Stampa
Una parte degli enti impegnati nel quartiere continua a diffondere l’idea errata e discriminante secondo la quale la “colpa” dei gravi problemi del quartiere sarebbe della comunità rom e per questo si invoca anche la “militarizzazione” del quartiere.
Ma nessuno di questi enti ricorda che il ghetto di Arghillà, che emargina i suoi abitanti sistematicamente, è stato realizzato e mantenuto in vita dal Comune, dall’Aterp e dagli stessi enti, mentre la comunità rom è una delle vittime di questa gravissima operazione.
Tanto meno questi enti ammettono che, negli ultimi 25 anni, con il fantomatico obiettivo della “rigenerazione urbana del ghetto”, sono stati realizzati ad Arghillà progetti per molte decine di milioni di euro, senza risolvere il problema, ma mantenendo il ghetto e peggiorando la situazione.
Difatti, i progetti sono stati e sono tuttora palliativi, che hanno affrontato solo gli effetti del ghetto e non la sua causa, con risultati solo temporanei ed effimeri. Mentre, con le decine di milioni di euro utilizzati per questi progetti, si sarebbe potuto eliminare il ghetto più volte.
Il capro espiatorio: la criminalizzazione della comunità rom
Tutto questo non viene detto e, per nascondere le responsabilità degli enti pubblici e privati, si utilizza costantemente il “capro espiatorio” delle famiglie rom, criminalizzando l’intera comunità.
Addirittura, anche la Scuola del territorio di Arghillà, per coprire le proprie responsabilità in fatto di istruzione, in passato ha dato la “colpa ai rom” per l’insuccesso scolastico degli alunni non-rom, riportando questa terribile “argomentazione” perfino in un proprio documento ufficiale (RAV).
Questa strategia viola la Costituzione, che prevede che la responsabilità dei reati sia sempre e solo personale e mai di gruppo. Inoltre, alimenta un ulteriore conflitto sociale nel quartiere, peggiorando ancora di più la situazione.
Arghillà non è in mano alla comunità rom, ma a un’idea sbagliata
I fatti dimostrano che Arghillà non è “in mano alla comunità rom”, come qualcuno irresponsabilmente ha dichiarato, ma è in mano a una visione errata dei fatti e ai progetti di “rigenerazione urbana del ghetto”, che nei decenni hanno rigenerato solo se stessi e i finanziamenti.
Da questo circolo vizioso, che viene pagato a caro prezzo da tutti gli abitanti di Arghillà, si potrebbe uscire solo se ci fosse veramente la volontà di farlo.
La soluzione: abbandonare la rigenerazione del ghetto e superarlo
Quello che proponiamo da tempo è di abbandonare l’idea di “rigenerare il ghetto”, che negli ultimi 25 anni si è dimostrata completamente fallimentare, di non criminalizzare nessun gruppo, di non militarizzare Arghillà, ma di seguire l’unico obiettivo coerente: il superamento effettivo del ghetto.
Cos’è un ghetto urbano e perché nasce?
Per superare il ghetto, bisogna prima capire cosa sia un ghetto urbano e perché nasce.
Secondo la Sociologia urbana, i ghetti urbani come Arghillà nascono da una geopolitica urbana che prevede città divise per funzioni, con spazi residenziali omogenei per fasce di reddito.
Questo porta a concentrare nello stesso luogo le famiglie più povere ed emarginate.
I ghetti si creano per una causa ben precisa, che non è la presenza di un gruppo etnico specifico, non è la carenza di servizi, ma è dovuta a un alto concentramento di redditi bassi.
Questo genera un capitale sociale negativo, portando all’esclusione sociale strutturale e al degrado.
Come superare il ghetto: l’equa dislocazione abitativa
L’unico modo per eliminare il ghetto non è la rigenerazione urbana, perché questa non interviene sulla causa del problema, ma è quello di eliminare il concentramento di redditi bassi attraverso una progressiva equa dislocazione delle famiglie in altri quartieri della città.
Questo permette di creare un ambiente abitativo misto, sia reddituale che culturale, favorendo l’inclusione sociale.
Un modello già applicato in altre città
Il progetto di equa dislocazione abitativa è già stato realizzato con successo a Reggio Calabria e in altre città.
Molti comuni hanno utilizzato i finanziamenti pubblici, come il fondo Pinqua, per acquistare alloggi da assegnare alle famiglie ghettizzate.
Invece, il Comune di Reggio Calabria, con il sostegno di molti enti del Terzo Settore, sta utilizzando 18 milioni di euro del Progetto Pinqua per mantenere in vita il ghetto di Arghillà, mentre altre città stanno usando lo stesso fondo per superarlo.
Questa Associazione aveva proposto al Comune di utilizzare quei fondi per l’equa dislocazione, ma non è stata ascoltata.
La mixité sociale: un piano sostenibile e inclusivo
L’equa dislocazione, meglio conosciuta come mixité sociale, è un piano sostenibile, perché l’ambiente misto che si crea favorisce progressivamente l’inclusione sociale, senza necessità di replicare finanziamenti e progetti all’infinito.
Un appello al Comune, alla Prefettura e agli enti del Terzo Settore
Invitiamo ancora una volta il Comune, la Prefettura e gli enti del Terzo Settore a voltare pagina su Arghillà, impegnandosi concretamente in un progetto di equa dislocazione abitativa, modificando il Progetto Pinqua e reperendo nuovi finanziamenti disponibili per l’inserimento abitativo delle famiglie in equa dislocazione.
Auspichiamo che nel prossimo incontro in Prefettura dedicato al “Patto per Arghillà”, al quale questa Associazione non è stata invitata, si possa finalmente riflettere sulla necessità e l’urgenza di cambiare paradigma e seguire la strada giusta.