Piazza del Popolo, l’appello di Fondazione Mediterranea: ‘Valorizzare unicum architettonico’
"La questione Piazza del Popolo dev’essere trattata considerandola un insieme con l’adiacente già Casa del Fascio" la nota
17 Gennaio 2025 - 10:37 | Comunicato Stampa
Piazze reggine senza pace, oggetto di sconsiderate mire postmoderne o fonte di aspri scontri, continuano a occupare la cronaca cittadina. Stavolta è di turno Piazza del Popolo che, col suo portato identitario e storico oltre che per essere legata alla vita quotidiana reggina non solo del quartiere su cui insiste, non può essere vista come una pratica burocratica da sbrigare in relazione a direttive europee sul commercio e la concorrenza, come intenderebbe fare l’amministrazione comunale, né essere considerata un qualcosa che non può essere cambiato o adattato ai tempi, come pretenderebbe l’opposizione a Palazzo San Giorgio.
Il problema in effetti è alquanto complesso e, pur doverosamente e razionalmente semplificato, non può essere comunque riportato a qualche formuletta di comodo. La ratio di questa affermazione è quasi banale nella sua semplicità: la questione Piazza del Popolo dev’essere trattata considerandola un insieme con l’adiacente già Casa del Fascio, oggi sede del Tribunale Amministrativo Regionale, ovvero se ne dovrebbe parlare solo in vista di una sua riqualificazione che si riallacci alla sua storia.
Il recupero della memoria storica e il ruolo di Italo Falcomatà
Già il compianto Italo Falcomatà ne aveva parlato e, da illuminato amministratore, pur chiaramente politicamente schierato, aveva sempre sostenuto un recupero di memoria storica che andasse oltre il ricordo di fatti legati alla sensibilità dei tempi. Ed è la strada già indicata dal prof. Italo che occorre percorrere. Come? È indubbio che l’attività mercatale, quella regolare, nel corso degli ultimi anni si sia progressivamente smunta, riducendosi a pochi gestori con ridotta utenza. Non entriamo nel merito delle cause del fenomeno né del tema del rispetto della legalità, che meriterebbero una trattazione approfondita, ma registriamo soltanto i fatti.
Questi fatti ci dicono che un po’ d’ordine va messo: il mercato come c’era una volta, pittoresco e variegato, colmo di odori e di voci, affollato da varia umanità, con le grida dialettali dei cambi di prezzo allo scadere di un certo orario, con il suo ambiente popolano, non c’è più e non può essere ripristinato. Ormai è il passato. Qualsiasi sarà l’uso della piazza, certamente non può essere lasciata in mano ad ambulanti di mercanzie varie e di vestiario di bassa qualità che nulla hanno in comune con i nostri ricordi e le nostre tradizioni.
Possibili soluzioni e identità architettonica
Sarà un parcheggio? Pessima fine. Sarà un altro mercato? Non più proponibile. Luogo di eventi? Lo può sempre essere. Comunque sia, l’obiettivo deve assolutamente essere quello di una riqualificazione dello spazio che passi attraverso un suo attento restauro, che si rifaccia all’identità del luogo e alla sua memoria storica. Non possiamo dimenticarci, infatti, che l’adiacente già Casa del Fascio, opera dell’architetto Flaminio de Mojà e inaugurata nel 1936, complesso costituito dalla Caserma dei Giovani Fascisti «Luigi Razza» e dalla sede della Federazione dei Fasci di Combattimento, è stata unanimemente considerata come una delle migliori espressioni in Italia della corrente architettonica del razionalismo. Come tale, con l’annessa piazza che con essa costituisce un unicum, potrebbe a ben diritto essere considerata un bene architettonico culturale da sfruttare per fini turistici e di promozione cittadina. Questo c’è da fare in prospettiva. Tutto il resto sono vane chiacchiere e miopi distinguo.