San Luca, Klaus Davi: ‘Se sarò sindaco, nessuna faida. Le cosche mi temono’

Il massmediologo non ha dubbi: "Porterò la luce. Sono la persona giusta al posto giusto"

Klaus Davi

«Se il Ministero degli Interni non avrà la pessima idea di sciogliere la precedente amministrazione per mafia, potrei diventare sindaco del comune di San Luca. In quel caso, durante il mio mandato, qualora venissi scelto dai cittadini, non ci sarà alcuna faida perché le cosche mi temono e sanno che non ho fucili e kalashnikov ma dispongo di altre armi: quelle della trasparenza e della mobilitazione dell’opinione pubblica».

Lo ha dichiarato il giornalista Klaus Davi, che pochi giorni fa ha annunciato di volersi candidare alle prossime elezioni amministrative del comune locrideo di San Luca.

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«Prevarrà di gran lunga la San Luca onesta, che ha voglia di cambiare, che chiede una svolta. In tutti questi anni sono andato senza scorte a San Luca, Archi, Ponticelli, Foggia, al Cep di Palermo, ovunque. E ho vissuto ad Archi per tre anni. Ho girato casa per casa, tutti mi conoscono e sanno chi sono. A San Luca è nata una storia di affetto tra me e le concittadine e i concittadini del paese aspromontano che adesso si potrebbe coronare con un sogno: la creazione di un laboratorio politico senza precedenti. Mi stanno già chiamando testate dalla Germania, dall’Olanda, da Israele e ovviamente dalla Svizzera. Porterò la luce su San Luca. Affidarla a una gestione burocratica, senza anima, vuol dire anestetizzare per sempre questo territorio, volergli male come quelli che vanno a dire in televisione che non si possono fare le grandi opere perché c’è la ‘Ndrangheta. Sono la persona giusta al posto giusto. Condannare San Luca e graziare Reggio Calabria sarebbe un messaggio terribile. Per cui non credo che accadrà. Il comune non verrà sciolto e io sarò il candidato della rinascita della Locride. Quanto ai clan, come risulta dai verbali di numerosi processi, come quello alla cosca Alvaro della Procura di Roma nel procedimento “Propaggine”, vengo minacciato dagli Alvaro; nel  procedimento “Garden” sulla cosca dei Borghetto, Cosimo Borghetto mi augura la morte; vengo citato anche nell’indagine della Dda milanese guidata da Marcello Viola: c’è un passaggio in cui Giuseppe Calabrò detto “Dutturicchiu” e Pino Caminiti parlano dei miei servizi giornalistici. Non mi sono certo fermato. Con me i clan dovranno fare un passo indietro. Farò gli interessi dei giovani, delle donne e di tutta la collettività. Non di questa o quella famiglia, non di questo o quel partito. Mi conoscono benissimo e sanno perfettamente come la penso».