Naufragio di Cutro: il pm chiede la condanna dei tre scafisti. L’organizzatore del ‘viaggio’ rischia 18 anni
La procura ha sollecitato il rinvio a giudizio per i 6 militari - 4 della Finanza e 2 della Capitaneria di porto - accusati di aver contribuito a provocare il naufragio del febbraio 2023 in cui morirono 94 migranti
07 Novembre 2024 - 07:26 | Comunicato Stampa
Nel giorno in cui la Procura della Repubblica di Crotone ha chiesto il rinvio a giudizio per sei militari – quattro della Guardia di Finanza e due della Capitaneria di porto – accusati di aver contribuito a provocare il naufragio del febbraio 2023 davanti alle coste di Steccato di Cutro, sono arrivate anche le richieste di pene fra gli 11 e i 18 anni per i tre presunti scafisti a bordo dell’imbarcazione.
Le Richieste del Pubblico Ministero
Il pubblico ministero Pasquale Festa ha concluso la requisitoria davanti al Tribunale di Crotone, sollecitando la condanna per Hasab Hussain, Khalid Arslan, e Sami Fuat, rispettivamente a 18, 14 anni e mezzo, e 11 anni di reclusione. L’accusa nei loro confronti è di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, naufragio colposo e morte come conseguenza di tale delitto.
“Non sono scafisti veri e propri ma hanno avuto un ruolo attivo nella gestione dei passeggeri del caicco naufragato a Cutro, anche se la loro responsabilità nel naufragio non è equiparabile a quella di chi guidava la barca”, ha affermato il pm Festa, spiegando le motivazioni delle differenti richieste di pena.
Il Ruolo di Hasab Hussain
Per il pm, Hasab Hussain era “un organizzatore del viaggio”, avendo trovato nel suo telefono 74 foto con documenti di identità, assegni e transazioni bancarie di altre persone, molte delle quali erano già riuscite a raggiungere l’Italia.
La Difesa di Khalid Arslan
In lacrime, Khalid Arslan, 26 anni e pakistano, si è difeso davanti al Tribunale, affermando:
“In carcere mi chiamano assassino di bambini, ma io quella notte ho salvato 5 persone. Io ero venuto in Italia per un futuro e mi trovo in galera solo perché parlo la lingua turca ed ho fatto da interprete. Per favore datemi giustizia.”
Arslan ha ribadito che non ha guidato la barca e che, al contrario dei veri scafisti, non è fuggito dal luogo dell’incidente. “Se ero scafista non restavo. Io mi sono buttato in acqua a salvare le persone”, ha dichiarato, consegnando una lettera scritta a mano al presidente del Tribunale.
Un Interprete Tra i Migranti
Khalid Arslan ha raccontato di essere stato costretto a fare da interprete per evitare risse a bordo, che avrebbero potuto mettere in pericolo tutti i passeggeri:
“Gli scafisti hanno chiesto chi parlava la lingua turca. Gli altri migranti hanno indicato me e chiesto di aiutarli. Se non facevo l’interprete c’era il rischio di cominciare una rissa e di morire tutti in mare.”
Sami Fuat: La Posizione del Pubblico Ministero
Sami Fuat, il 51enne turco, è stato ritenuto dal pm non un semplice migrante, vista la sua presenza a bordo del caicco in anticipo rispetto agli altri passeggeri. “Faccio fatica a pensare che era un migrante come gli altri”, ha detto il pm Festa, sostenendo che Fuat si era imbarcato già alcuni giorni prima, partecipando attivamente alla traversata.
La Dichiarazione Finale di Arslan
Nel suo discorso finale, Arslan ha spiegato di aver pagato 7000 euro per il viaggio, presentandosi come un semplice passeggero:
“Ci sono video che dimostrano che ho viaggiato come passeggero e non ho guidato. Quando ero vicino al timone questo era bloccato e tutti si facevano i video lì. Se ero uno scafista non facevo i video, non li postavo su Tik Tok.”
Con queste dichiarazioni, Arslan ha concluso il suo intervento, esprimendo amarezza per l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione e di reato legato all’aiuto fornito ai migranti durante la traversata.
Fonte: AGI