Tra Davis e i Doors. Luca Aquino al ‘La Sosta’: “Il Jazz è come una spugna” – FOTO


di Pasquale Romano – La stessa contaminazione di colori, suoni, odori e storie di vita che è facile rintracciare nelle strade di Istanbul esiste nel Jazz.

E’ come una spugna” sospira Luca Aquino durante una pausa del concerto andato in scena lunedì sera nello storico locale ‘La Sosta‘, gestito da decenni con la solita lucida follia da Mimmo Pitasi, “Un vero Don Chisciotte in tempi di crisi” la sincera descrizione di Aquino.

Impossibile da catalogare ed etichettare, il Jazz è un amore dichiarato verso la musica, in questo caso declinato in modo particolarmente seducente.

Aquino, campano che ha scoperto da autodidatta la passione verso la musica, è uno dei musicisti più apprezzati nel panorama jazz internazionale. Giganti come Miles Davis e Chet Baker i ‘padri spirituali’ e ispiratori, Aquino nell’ultimo album (OverDOORS, del 2015) ha omaggiato la storica band statunitense.

“Solo all’apparenza si tratta di mondi diversi, i Doors e Miles Davis avrebbero potuto suonare benissimo assieme” assicura Aquino ai microfoni di City Now qualche minuto prima di salire sul palco.

Curiosità banale, come si può definire il Jazz, genere che non ha barriere e di consequenza semplici tratti da delineare? Il musicista campano prova ad abbozzare una spiegazione: “Improvvisazione allo stato puro, il Jazz è quello che succede mentre suoni e ti lasci trascinare dalla musica.

Bisogna farsi guidare dall’istinto e non dalla ragione”. Il passato come scelta o necessità e l’importanza della tradizione. Riguardare la storia del Jazz per poi darne una propria chiave di lettura è fondamentale solo se accompagnato da una conoscenza specifica: “Allargare i propri orizzonti può rivelarsi decisivo, specie nel Jazz. Il territorio che ci circonda è importante ma come raccolta di dati, la forza della musica è quella di unire pensieri che sembrano diversi”.

Cosmopolita convinto, Aquino racconta divertito del mix di culture utilizzato per un suo progetto musicale recente: “Il gruppo era composto da due iracheni, un siriano, un afgano, un americano, un inglese e… due campani. Il connubio oriente-occidente, la contaminazione, per me sono fondamentali. Cerco sempre collegamenti esoterici ma anche storici, dopo aver registrato due album in una chiesa sogno di farlo in una moschea”. Solitamente accompagnato da una formazione ben definita, lunedi Aquino al ‘La Sosta’ ha suonato con dei musicisti calabresi, “Colleghi che conoscevo e che stimo profondamente”: Francesco Scaramuzzino al piano, Fabrizio La Fauci alla batteria e Sasà Calabrese al contrabbasso.

Band quasi ‘improvvisata’ in realtà talmente affiatata che sul palco sembrava aver condiviso migliaia di concerti: potere del Jazz, unito alla qualità elevata dei musicisti.

Gli spettatori del ‘La Sosta‘ hanno apprezzato in modo evidente la scaletta proposta da Aquino e la sua band: nessun brano del repertorio del musicista campano,  scelti invece 4 brani di Francesco Scaramuzzino con una serie di “divagazioni”, pura improvvisazione sul tema.

La musica come principale sentiero di vita, talvolta doloroso: “Puó anche farmi male, quando vado in ´overdose´ cerco di disintossicarmi e mi rifugio altrove, nella sana amicizia per esempio”.

Scoprire le radici del Jazz per conoscere chi ha dato impulso decisivo al genere puó essere importante ma secondo Aquino non é fondamentale. “Dipende quanto  vuoi far emergere delle tue idee personali. Apprendere dal passato puó aiutare senza dubbio, come conoscere le tradizioni popolari“. Guardare indietro, rubare, riproporre. O scombinare tutti gli schemi e inventare di sana pianta.

É il Jazz.

FOTO DI FABIO ORLANDO