Viola e una storia calpestata: l’insostenibile leggerezza dell’essere Muscolino

  di Pasquale Romano - Oltre il danno, la be

 

di Pasquale Romano – Oltre il danno, la beffa. “Cornuti e mazziati”, si usa dire in vernacolo da queste parti. La Viola Reggio Calabria, con un doppio colpo di spugna, vede la propria storia calpestata. Prima la mazzata della penalizzazione costata la retrocessione in serie B, da ieri invece è ufficiale la vendita del titolo alla Nuova Cestistica Barcellona.

 

A nulla sono valsi gli appelli di tifosi e gruppi organizzati, stesso risultato per il tentativo in extremis del sindaco Falcomatà. Sul futuro grossi punti interrogativi e nuvole minacciosissime, anche perché il ‘disastro perfetto’ consumatosi in questi mesi qualcosa dovrà pur valere.

 

Come in un ideale harakiri, la Viola si è fatta fuori da sola. Triste e clamorosa la netta differenza tra quanto successo dentro e fuori dal parquet in questa stagione. Un gruppo di veri uomini prima che sportivi, guidati alla perfezione da coach Calvani, era riuscito a tapparsi naso, occhi e orecchie, concentrandosi soltanto sulle prestazioni.

Trionfale la cavalcata di Fabi e compagni: specie nella seconda parte di stagione, la Viola sembrava dominata da un’aura magica, quella che solitamente precede e accompagna imprese sportive da tramandare ai posteri.

Come ogni meraviglioso sogno che si rispetti però, è arrivato il brusco risveglio. Il risultato, straziante, è stato quello di vedere la migliore Viola degli ultimi 10-15 anni (commovente specie nelle ultime curve del campionato perché già consapevole di un destino atroce) coccolata e sostenuta da una ritrovata passione del PalaCalafiore, spazzata via da chi avrebbe dovuto proteggerla, amministrarla, gestirla.

Semplicemente inaccettabile (per la città, per i tifosi, per quello che la Viola rappresenta, per chi ha sputato l’anima in campo negli ultimi dodici mesi) l’exit strategy scelta dal principale responsabile di questa Caporetto, ovvero il patron Giancesare Muscolino.

 

Prendere di petto le proprie responsabilità e ripartire, con dignità e orgoglio. Oppure, lasciare la Viola (in serie B si intende…) e passare la mano, con il club neroarancio destinato a voltare pagina. Questi gli unici scenari plausibili, per chi tradisce la fiducia di un popolo e fa scientemente scontrare il Titanic contro un iceberg.

La scialuppa di salvataggio però contava un solo posto disponibile per Muscolino, che ha deciso di riservare a sé stesso il privilegio. Cosi la storia della Viola, spesso fatta di meravigliosi balzi e crolli repentini, si arricchisce di un nuovo capitolo. Tra i più infausti in assoluto.

La fedele rappresentazione di un ultradecennale percorso fatto di gioie e dolori, comunque emozionanti, in una manciata di mesi. Grandi desideri,  capacità umane e sportive per afferrarli, poi la clamorosa beffa finale. E’ un film visto e rivisto, purtroppo, per chi ama questi colori.

La Viola aveva già vissuto pagine tristi, ribellandosi però con determinazione quando ricacciata ai margini del movimento cestistico italiano. Era sempre riuscita a rivendicare, con orgoglio, quanto gli spettava.

Questa volta invece è costretta suo malgrado ad arrendersi: chi ha il giocattolo in mano, ha deciso arbitrariamente che destino affidargli. E’ una sconfitta che trascende dal parquet e dalle contese sportive ma ha radici profonde che affondano altrove, per tali ragioni è una ferita che brucia in particolar modo.

Come da tradizione, la gloriosa casacca neroarancio un giorno tornerà un giorno a riaffacciarsi dove merita. Adesso però bisogna fare i conti con la realtà e con una brutale verità: chi possiede (si spera ancora per poco) la Viola, non ne conosce affatto identità, valori e sentimenti.