“Seta” di Baricco: si può amare e non amare, in entrambi i casi, la tua vita cambia

di Maria D’Amico - Bentornati a #insidethebook l

di Maria D’Amico – Bentornati a #insidethebook lettori, oggi è la prima domenica di agosto e per molti vuol dire una cosa sola: vacanza! Così ho deciso di portarvi in viaggio. Mettetevi comodi… si va in Giappone!

“- E dove sarebbe, di preciso, questo Giappone?

-Sempre dritto di là. Fino alla fine del mondo.”

La nostra guida ufficiale è Alessandro Baricco, amante delle arti, dalla letteratura alla musica, le sue passioni sono palpabili in ogni sua opera, il suo stile è discusso ma apprezzato, sicuramente originale. È considerato l’ultimo baluardo della letteratura ecclettica ma, in qualsiasi modo si voglia additare una cosa è certa, i suoi racconti scavano un buco nel cuore e si mettono comodi, aspettando che il lettore possa prenderne quotidianamente spunto:

“Scrivere libri è scegliere tra quanto di più raro c’è nell’universo e di più caro c’è nel nostro animo.”

Il nostro itinerario di viaggio è Seta, un racconto breve che racchiude tutto l’amore e la nostalgia che un uomo è in grado di provare: “E’ uno strano dolore… Morire di nostalgia per qualcosa che non vivrai mai.”

Siamo nell’Ottocento, Hervé Joncour, il nostro protagonista, ha 32 anni e non ha nessuna intenzione di disobbedire al padre, che ha pianificato per lui una grande carriera militare. Il suo amico Baldabiou, il personaggio più misterioso e saggio, colui che sembra tirar le fila dell’intera narrazione, non ha per lui gli stessi piani accondiscendenti e decide di affrontare il padre. Una breve conversazione, semplice, decisa, Baricco ci esula da stramberie e conflitti, in poche righe Hervé diventa un uomo libero e un mercante di bachi da seta, ma non per merito suo ovviamente. Il suo personaggio è un vulcano inesploso, ha dentro curiosità e intraprendenza ma non le sfrutta totalmente, almeno non subito. Si limita a sopravvivere nella sua bella casa, nella Francia meridionale, accanto a una moglie dolce e devota, Hélène, che lo attende amorevole e impaziente al ritorno da ogni suo viaggio. La sua vita è completa, ma è felice?

“Godeva con discrezione dei suoi averi e la prospettiva, verosimile, di diventare realmente ricco lo lasciava del tutto indifferente. Era d’altronde uno di quegli uomini che amano assistere alla propria vita, ritenendo impropria qualsiasi ambizione a viverla.”

I cicli di reperimento e lavorazione dei bachi da seta, scandivano, effettivamente, l’esistenza di Hervé.  Solitamente arrivava fino in Siria e in Egitto per acquistare le uova migliori, ma negli anni Sessanta una terribile epidemia aveva colpito gli allevamenti europei e africani. Per evitare il fallimento delle filandre del piccolo paesino, Baldabiou, che ricordava quanto rara e pregiata fosse la seta giapponese, propose di spingersi fino in Giappone per acquistare le uova. A discapito delle tacite leggi del luogo, che ritenevano un crimine che uno straniero portasse via, oltre i loro confini, quello che avevano di più prezioso; a discapito del lungo ed estenuante viaggio che Hervé avrebbe dovuto affrontare, a discapito di tutto quello che da lì in avanti sarebbe successo, Joncour partì. Attraversò il mondo intero per raggiungere la terra più magica, enigmatica e affascinante che avesse mai visto.

“- Com è la fine del mondo?- gli chiese Baldabiou.

-Invisibile.”

Tornò in Giappone ogni anno, ma non era solo la seta, il motivo che lo incoraggiava ad affrontare quell’interminabile e pericoloso peregrinare, ma lo sguardo di una ragazzina che riuscì, in pochi attimi, a scardinare quel suo animo fin troppo quieto: “Quegli occhi non avevano un taglio orientale, e che erano puntati, con un’intensità sconcertante, su di lui.”

Da quel momento in poi il cambiamento interiore di Hervé, divenne evidente a tutti, anche la moglie lo percepì, ma il suo amore per lui non mutò. Quando tornava dai suoi viaggi la sua mente, distaccata e sognante, vagava nei suoi ricordi per scrutare il volto di quella ragazza, per immaginarla lì, al suo fianco, per poterne sfiorare le mani e accarezzarne il viso. Leggendo noterete come l’autore descrive i viaggi ripetersi con le stesse identiche parole, dalla prima all’ultima pagina, ma la persona che intraprende il primo viaggio, il suo modo di osservare e percepire la realtà, è totalmente differente dall’uomo che ritroviamo nella parte finale del racconto. Quello che era “il giovane Joncour”, le cui decisioni pendevano dalle labbra di Baldabiou, adesso è un uomo che non ha paura di vivere, qualsiasi conseguenza comporti.

“Hervé Joncour non aveva mai visto quella ragazza, né, veramente, la vide mai, quella notte. Nella stanza senza luci sentì la bellezza del suo corpo… Nel buio, era un nulla amarla e non amare lei.”

Nei romanzi, anche involontariamente, si parla d’amore. Ogni autore mette nero su bianco la sua idea di passione e i sentimenti che vive tramite i suoi personaggi, ma parlare d’amore per quanto inflazionato, è sempre difficile perché si rischia di cadere nella banalità. Allora vi pongo una domanda, se parlare d’amore in modo diretto, è così arduo, come si può parlare di “non-amore”? Come si può raccontare con tanto sentimento un rincorrersi di sguardi che non riescono mai ad afferrarsi veramente, ad ancorarsi l’un l’altro?

Cos’è il “non-amore”? Sembrerebbe una definizione contorta, ma è il solo modo con cui riesco a descriverlo. Il “non-amore” è rimpianto e rimorso insieme, è tutto ciò che poteva essere ma che non è stato, per mancanza di coraggio forse, perché le circostanze sono imprevedibili o per un semplice gioco del destino; è un sentimento che cresce nutrendosi solo di attese mancate, un amore che non è a metà, anzi! È proprio tutto intero e imponente, pesa moltissimo, ma il suo carico è individuale. In amore si sa, si cammina in due. In queste pagine Baricco riesce a dare un andamento diverso a ciascuno, Hervé, Hélène, la ragazzina, per poi scoprire che in realtà un sentimento così vero non ha bisogno di grandi corse, ma è in grado di sedersi e aspettare, è in grado di corroderti e nutrirti insieme, un amore così sfida le etichette e il buon senso e non si esaurisce mai.

“…finchè alla fine ti bacerò sul cuore, perché ti voglio, morderò la pelle che batte sul tuo cuore, perché ti voglio, e con il cuore tra le mie labbra tu sarai mio, davvero, con la mia bocca nel cuore tu sarai mio, per sempre…”

Anche stavolta Baricco riesce a rapire totalmente il lettore, regala parabole di vita e stupore, il protagonista è vittima della sua inerzia iniziale finché una nuova prospettiva non gli si presenta davanti. Attende che la felicità bussi alla sua porta per poi rendersi conto che aveva bussato moltissime volte, ma lui era sordo, distratto, troppo infelice per farci caso.

Così, Seta, non è più solo l’oggetto di ricerca del libro, il motivo per cui si avviano gli ingranaggi della storia, Seta è leggerezza, è una ricerca incessante di quell’attimo per cui vale la pena mettersi in gioco, è preziosa come i suoi bachi, come la trama dei ricordi che sembrano impressi nelle stampe sgargianti di ciascun kimono. Seta, come la morbidezza delle carezze che Joncour agognava ricevere e Hèléne dare, come una passione silenziosa che li avvolge costantemente, una lieve armatura per affrontare lo stridio del mondo.

A chi ha sempre preferito osare, buona lettura!

 

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