Santa Messa di Rai1 in diretta da una chiesa reggina

La Santa Messa di Rai1 trasmetterà domenica pross

La Santa Messa di Rai1 trasmetterà domenica prossima da una chiesa reggina. Appuntamento a domenica 28 gennaio, ore 10.55 su Rai1,  dalla Basilica Madonna dei Poveri in SEMINARA (RC) con la regia di Michele Totaro e il commento di Elio Buggè.

Il recente restauro, con le analisi scientifiche fatte sulla statua, ha potuto stabilire come data alla quale farla risalire il XII secolo.

Questo dato scientifico mi porta a non prendere in considerazione altre narrazioni antecedenti a questa data, che non hanno possibilità di verifica provata, per cui è a partire da questo periodo che si può fare una riflessione documentata, anche dal punto di vista del culto e della devozione, sulla Madonna dei Poveri di Seminara.

Questo dato scientifico, che sarà oggetto di approfondimento offrendoci una lettura esauriente di quanto ha detto la statua con il restauro, se confrontato con quanto tramanda la tradizione popolare, ci aiuta a capire che quest’ultima non è del tutto leggendaria ma ha un fondamento storico comparabile col dato scientifico.

Tra il dato che la tradizione ci offre e il dato scientifico la differenza è minima. Narra infatti la tradizione che il ritrovamento è avvenuto in maniera casuale un martedì della Settimana Santa tra la fine del sec. XI e l’inizio del sec. XII. Tale data la si può identificare con l’inizio della pubblica venerazione da parte dei fedeli e quindi con l’inizio del culto alla Beata Vergine Maria, madre dei Poveri. Da questi pochi dati e inserendo l’evento nel contesto del mondo culturale e religioso della Calabria dell’XI-XII secolo possiamo avere degli elementi significativi sul culto della Madonna dei Poveri.

La Calabria, e in modo particolare la Piana delle Saline, è stato territorio di grande sviluppo culturale, politico-sociale e religioso soprattutto grazie al monachesimo, che è vivo in Calabria fin dai tempi di Cassiodoro e cioè dal V secolo in poi. Una comunità di monaci molto numerosa vi era certamente al tempo di San Gregorio Magno, perché Gregorio, nel 591, scriveva al Vescovo di Taureana, Paolino, di voler riunire in un unico monastero a Messina i monaci sbandati in seguito all’arrivo dei Longobardi. Dal secolo VII in poi molti monaci vennero dall’Oriente in Calabria per sfuggire alle invasioni arabe e alla persecuzione iconoclasta. Tra i secoli IX e XI larghe schiere di monaci scapparono dalla Sicilia araba, varcarono lo Stretto di Messina e vennero a stabilirsi a Reggio e alle falde dell’Aspromonte e in modo particolare a Seminara, S. Cristina, Sinopoli Vecchio, Melicuccà. «Nel secolo IX, vicino a Seminara, che forse allora cominciò ad acquisire l’importanza poi goduta dalla città nei secoli successivi, c’erano almeno altri due luoghi di culto: S. Pantaleone, frequentato da S. Elia il Giovane e il tempio di S. Maria del Buon Approdo, dove lo stesso Santo si recò col discepolo Daniele (…). Sembra che un’ampia opera di vitalizzazione monastica, sviluppatasi attorno ai centri Maggiori di Seminara, Melicuccà e Oppido, abbia ormai interessato tutta la parte centrale delle Saline, cioè il territorio attraversato dai molti affluenti del Petrace»

La presenza di questi monaci è stata apportatrice di una vita religiosa e culturale che ha vivificato tutto il territorio rendendola appetibile a tutti. Ciò che caratterizzava questi monaci era la preghiera e il lavoro. Con la preghiera si rivolgevano a Dio per aiuto e protezione e con il lavoro essi venivano incontro alla popolazione, costretta a subire non solo ruberie, saccheggi, incendi e devastazioni da parte dei Saraceni ma anche gli effetti delle carestie, dei disastri sismici, dell’esoso fiscalismo di rapaci esattori di imposte.

I monaci di Calabria sono impegnati in ogni genere di lavoro: contadini, calligrafi, copisti, artigiani, miniaturisti, cesellatori, pittori, architetti, muratori, sarti, tessitori, arcolai, vasai in rame, in ferro e in terracotta, pescatori. Lavoravano particolarmente la terra, diradavano la foresta, incanalavano le acque, intensificavano le colture.

Di questa spiritualità si sono nutrite le popolazioni di Calabria perché i monaci venivano condotti come da un invisibile potere verso le folle sulle quali esercitavano un’invincibile forza, quella della povertà, della preghiere e della laboriosità.

La terra della Piana, dove numerosi erano i monasteri, è stata una terra feconda di virtù umane e sociali. Essa deve alla presenza del monachesimo tutta la sua ossatura religiosa ed economica.

In questo contesto è nato il culto alla Beata Vergine Maria Madre dei Poveri perché nella figura della Madre del Signore erano sintetizzati tutti i valori evangelici che i monaci si sforzavano di vivere e di incarnare nella loro vita e di proporre a modello di tutti i fedeli del luogo.

La devozione alla Madonna dei Poveri non è sorta magicamente per un ritrovo casuale, ma ha avuto un retroterra significativo per coltivare quei valori che nel leggendario ritrovamento sono significati: l’apertura al mistero di Dio nell’esperienza della vita povera dei contadini,la laboriosità esistenziale nella ricerca della legna, la pari dignità tra le persona senza privilegi di casta o di ceto nelruolo dei poveri nello spostare la Statua; tutti valori che ritroviamo nella devozione popolare alla Madonna dei Poveri che, se per qualche tempo si sono persi, con il restauro possono diventare opportunità di riproposizione al popolo.
Quanto narra la tradizione è la traduzione in forma popolare e semplice, perché sia comprensibile da tutti, di un evento di fede di grande portata teologica che riflette la dimensione culturale alta che si respirava attorno ai monasteri della Piana.
Circa l’origine del culto alla Madonna dei Poveri, rimontando esso a tempi molto remoti, non si trovano notizie storiche ben definite e criticamente accertate.

Esiste però una pia tradizione che non contenendo, almeno sotto l’aspetto dell’ortodossia, alcunché d’inverosimile e di contraddittorio, possiamo accettare senz’altro, tanto più che si presenta su sfondo storico.
Nella tradizione popolare c’è un fatto comune a tutte le tradizioni che sono sorte attorno ad un santuario e che troviamo, a titolo di esempio, a Polsi, alla Madonna della Grotta di Bombile, a Seminara, a Tindari e persino a Santiago di Compostela in Spagna e cioè la difficoltà di trainare l’immagine; questa ha un valore esemplare e ci indica la difficoltà umana di penetrare il mistero di Dio se non si hanno particolari qualità interiori come la semplicità, la povertà, il senso della propria precarietà e in questo senso ci viene in aiuto la Bibbia che indica i poveri e i piccoli come coloro che possono trovare Dio a scapito dei ricchi e dei potenti.
Le notizie storiche sul culto alla Madonna dei Poveri nel periodo medievale sono poche. Si sa con certezza che nel 1325 esisteva a Seminara una chiesa intitolata alla Madonna dei Poveri; di altro non si sa se non qualche notizia fornita dal Vescovo Marco Antonio del Tufo in visita pastorale a Seminara nel 1586 a fare delle ricerche storiche serie su questo periodo potrebbe offrire sorprendenti notizie per colmare questo vuoto.

Certamente il culto alla Madonna dei Poveri ha varcato i confini del territorio andando oltre la stessa Calabria,“fu il simulacro più venerato in tutta l’Italia meridionale fino alla fondazione del santuario di Pompei nel 1875”.
I numerosi canti in onore della Madonna dei Poveri che venivano cantati dai contadini nel loro quotidiano lavoro dei campi teneva desto nel cuore l’amore alla Madonna in attesa della stagione dei pellegrinaggi a Seminara a metà di agosto, a piedi, per omaggiare la Madre dei Poveri; questi pellegrinaggi imponevano enormi sacrifici fisici perché i pellegrini provenivano non solo dai paesi limitrofi ma dalla locride, dal vibonese, dal reggino e dal messinese.
L’incoronazione della statua della Madonna nel 1905 è una tappa miliare del culto alla Madonna di Seminara. La solennità dell’avvenimento ha fatto incrementare la presenza dei pellegrini che in questa circostanza, come riportano le cronache del tempo, furono migliaia.
L’amore alla Vergine Maria quando è autentico lo si vive nei momenti di gioia e di dolore come avvenne qualche anno dopo dall’incoronazione, il 28 dicembre 1908, con il terribile terremoto di Reggio e Messina che distrusse Seminara provocando oltre 100 morti. Questa tragedia unì a Maria di più il popolo, soprattutto seminarese, il quale ogni anno fa memoria in questo giorno con una breve e silenziosa processione penitenziale di preghiera implorante.

 

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