Il sacrosanto diritto al silenzio: il caso Franco Battiato è il giallo agostano

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In troppi, nell’ultima settimana, si sono sbizzarriti nell’avanzare ipotesi su Franco Battiato e sulla sua lunga convalescenza, dopo la frattura di femore e bacino, nella sua casa sulle pendici dell’Etna. Non sempre il peso specifico di chi scrive post su Facebook è tale da garantire una risonanza immediata e magnetica di quanto si è espresso, e infatti c’è voluto un bel po’, prima che una testata web del ragusano pescasse questa notizia, o meglio ancora, questa poesia di Roberto Ferri, dedicata all’amico che non lo riconosce più.

Che Roberto Ferri sappia scrivere bene è un dato assodato, anche se lo sappiamo in pochi, per via del suo essere sempre stato defilato, più spostato dietro le quinte, che non in prima linea. Che la poesia sia anche bella, non c’è dubbio. Magari ha qualche forzatura, ma cito Papa Francesco don’t preach: “Chi sono io per giudicare?”.

Sta di fatto, comunque, che ci vorrebbe un po’ di giudizio, ma se la versione lasciata intuire da Ferri fosse vera, come fai a criticare il dolore di un amico, o di una persona veramente vicina a Battiato? Gli si dà retta, perché è un amico. L’inconscio si fida spesso della scatola chiusa. E allora è lì che parte la gara a chi fosse più amico, e Zanetti, dalle pagine non cartacee di Rockol, ci tiene a dirci che farebbe finta di non sapere, anche se sapesse. E allora? Perché ce lo devi far sapere? Tutti capiamo l’amicizia, vera o finta, con o senza virgolette, per citare un altro pontefice, come Francesco Cossiga. Ma chi se ne frega?

Viene il dubbio che anche l’amico di sempre, a un certo punto, perda la brocca e scivoli su dichiarazioni sibilline e a tratti sfacciatamente omertose. A tratti allucinanti, quindi. Se sei un giornalista, la verità la devi dire. Non è un optional, come si diceva negli anni ’80. Oppure, scegli di stare zitto, ma lo fai sul serio.

A me, questa boutade di Zanetti, che non è quello del calcio, ha infastidito più della inopportuna copertina di luglio di Rolling Stone, ormai testata di politica, prima ancora che di musica. In Italia, almeno. Penso che il buon senso, di chiunque ne abbia ancora, non possa che essere d’accordo con quello che sto scrivendo.

Nella gara alla notizia, fa più schifo che si espongano le persone amiche, o tangenziali all’amicizia verso un artista notoriamente schivo, riservato, evidentemente in una fase delicata. Che sia vero o finto, questo tema del morbo di Alzheimer passa in secondo piano. Se fosse vero, lo scopriremo solo vivendo. Ma non con la pornografia e con le lacrime amare, da coccodrillo già pronto nel frigo.

Tutto questo, spinge ancora una volta a prendere le distanze dalla Musica, dal Pop, e dall’ambiente squallido che è. Comunque stiano le cose, non è nemmeno pensabile essere perennemente sotto i riflettori e al centro dell’attenzione. Esserci sempre è come non esserci mai.

In questo caso, è così ovvio che l’artista abbia bisogno di silenzio, che l’unica nota positiva che può avere questa fuga di notizie può trasformarsi in un picco di vendite e nella scoperta della sua opera, così varia e così ampia, dipanata per Cinquant’anni di carriera.

Di sicuro, a scoprire o a riscoprire Franco Battiato, si fa solo del bene. Ma alla propria anima. Detto da una persona super partes, che non sa essere fan nemmeno degli amici più stretti. Penso ci si possa fidare. Anche se avere chiamato “Musikanten” questo appuntamento domenicale, fa capire quanto stimi questo artista vero.

Enzo Bollani | CityNow Lugano, 5 agosto 2018