“Era fame di vita” di Giovanni Suraci al Salone del libro di Torino

E’ possibile raccontare la Calabria in modo tota

E’ possibile raccontare la Calabria in modo totalmente diverso rispetto ai luoghi comuni e agli stereotipi che ormai hanno marchiato i modo negativo la nostra terra ?
Il libro “Era fame di vita” Città del Sole Edizioni, di Giovanni Suraci, il primo di una trilogia che inizia con un racconto ambientato nell’immediato secondo dopoguerra, intende comprovare che questo percorso non solo è possibile, ma soprattutto auspicabile. Solo attraverso la cultura, l’arte e la riscoperta della bellezza la Calabria può uscire dalla pesante situazione nella quale versa.
Il romanzo che trae le mosse da un fatto grave, la cui notizia dirompente si diffuse nel tardo pomeriggio di una giornata come tante, squarciando, come un tuono, la tranquillità di una dimora e di un Paese, Santo Stefano in Aspromonte, tenta di far emergere le tante positività che la nostra terra propone. Proprio dall’Aspromonte, il giovane spettatore, alla cui narrazione l’Autore affida il romanzo, conduce il lettore, mai annoiato ed in suspense sino all’ultimo capitolo, attraversando l’Italia e tante storie di vita che fanno da cornice ad una meravigliosa storia d’amore, nata quando ancora ad accorciare le distanze fisiche erano i posti telefonici pubblici: quella di Jack, giovane marine della base americana, e di Lilly, una giovane ventenne sognatrice e “bella come un cerbiatto”, che si trasferisce a Milano per frequentare la facoltà di Lingue. Si intrecciano nella storia vicende politico-istituzionali e segreti militari sui quali si trattiene il fiato sino alla sua fine.
Il romanzo è un affresco di luoghi e personaggi sui quali ci si sofferma con limpidezza descrittiva e viva emozione sino a renderli “familiari”, tanto da affezionarsene. E’ così che l’Autore, con tanto amore ed attenzione, regala a ciascuno dei personaggi e dei protagonisti che nella Storia prendono identità e corpo, l’eternità del loro caldo ricordo e, per alcuni aspetti, anche quella del loro essere esempio. Si tratta, invero, di personaggi di fantasia che, il verismo descrittivo del racconto, consentirà al lettore di ricondurre astrattamente alla memoria di una propria storia e di un proprio ricordo, in quanto la loro narrazione è agganciata a molte rievocazioni storiche, ai costumi ed allo stile di vita di Paesi e Città, ai tristi fenomeni dell’emigrazione alla tragedia di Marcinelle e alle occupazioni militari, frutto della sopraffazione degli interessi economici a sfruttamento dei più poveri.
La prosa fluida, consapevole e matura, accattivante ed efficacemente “fotografica” è affidata alla narrazione sapientemente descrittiva di uno dei giovani protagonisti – un giovanotto curioso, tenace e sorridente – a cui l’Autore affida la macchina da ripresa e ne conduce il gioco, poiché è egli stesso figlio di quel tempo e di quella stessa generazione narrata, che ha costruito l’Italia del dopoguerra e del boom economico, mossa da genuino ottimistico entusiasmo e resistente coraggio. E’ così che l’Autore racconta il messaggio positivo di un altro Sud, che reagisce allo stereotipo negativo ed al degrado, trovando la propria forza nella solidarietà porta a porta, nella dignità, nei Valori umani etici e nella bellezza del Creato, sempre e nonostante tutto.
Si tratta di un viaggio romanzato fatto a stanze, tutte preziosamente affrescate, in cui la chiave di ciascun capitolo, introduce al continuo susseguirsi di fatti, personaggi, tradizioni popolari ed incantevoli descrizioni ambientali doviziosamente dettagliate che fanno da cornice alla storia dei protagonisti. Sono proprio queste scenografie ad affascinare il lettore suscitandone il desiderio di un tuffo nei sensi, nel ricordo ancestrale di visioni, suoni, odori, sapori ed evocazioni tattili.
Il romanzo, infine, invita a ritrovare i basilari valori che hanno accompagnato i calabresi durante gli anni della ricostruzione per seguire a testa alta un percorso di orgoglio e dignità che, oggi, per certi versi, purtroppo, appare smarrito.