Reggio e le sue rarità nascoste: il Mulino di Santa Domenica

La nostra bellissima Reggio Calabria ha una storia

La nostra bellissima Reggio Calabria ha una storia millenaria, che non può di certo passare inosservata grazie alla presenza di testimonianze tutt’oggi visibili negli angoli più impensabili della nostra città. Per alimentare la vostra curiosità e per mostrarvi gli angoli nascosti e, a volte, dimenticati di Reggio, noi di CityNow abbiamo scelto di mostrarvi alcune di queste rarità.

Questa domenica è la volta del Mulino di Santa Domenica, un luogo della periferia reggina purtroppo abbandonato a se stesso.

Facilmente raggiungibile dall’abitato di Santa Domenica, il mulino di località Strati di Gallico conserva i tratti salienti dei Mulini ad acqua del Gallico. La torre era finemente decorata, con un’iscrizione ancora visibile che rimanda alla data di un suo restauro ottocentesco; la struttura in mattoncini era intonacata e decorata con motivi semplici di chiaro gusto Liberty.

Sulle origini del Mulino le fonti archivistiche rimandano ad una ricostruzione avvenuta nel corso del XVI secolo sulle rovine di una struttura preesistente. Diversi sono infatti i documenti che richiamano l’esistenza nel XVI secolo di un Mulino in rovina posto in contrada Gallico, di proprietà dei Ruffo della baronia di Calanna, ma anche di un Mulino attivo nel 1598 di proprietà del reggino Gian Bernardo Bosurgi nella contrada Gallico di Sambatello, citato nelle visite pastorali dell’arcivescovo D’Afflitto (1617 – 1632) tra i limiti della Parrocchia di Santa Domenica di Gallico.

Nonostante le sommarie indicazioni è assai probabile che il Mulino Bosurgi sia l’antenato dell’attuale Mulino di Contrada Strati.

Le notizie più recenti sul Mulino (talvolta soprannominato di Contrada Strozzato e Strazziato) citano il passaggio di proprietà, verso la metà del ‘600 al nuovo padrone della terra di Sambatello, il Duca di Bruzzano, che nel 1758 lo sottopose ad un radicale restauro, motivato probabilmente dalle devastazioni causate dalle ricorrenti alluvioni del Gallico. I lavori videro protagonisti i mastri serresi Francesco Rachele e Saverio Timpano poi attivi a Laganadi e Ortì, che costruirono la saetta riutilizzando le pietre del precedente manufatto.

Raffigurato nella carta a Rajola del 1774 il Mulino di Gallico rimase in attività anche dopo il terribile sisma del 1783. In particolare la carta Rajola mostra la particolarità della “Mastra” dei due mulini di Gallico (Mulino C. da Strati e Mulino di S. Nicola): l’acqua che alimentava quello di Strati, infatti, veniva convogliata attraverso un cunicolo tutt’ora esistente posto sotto l’alveo del torrente di S. Domenica, nell’acquedotto che alimentava quello di S. Nicola situato a poche centinaia di metri più a valle. Il primo catasto dei terreni redatto tra il 1809 e il 1816 vide il Mulino di Strati ancora in possesso del Duca, che però nella prima metà dell’800 lo passò alla ricca famiglia Calogero, originaria di Rizziconi, affidandone l’esercizio a Paolo e Domenico Palamara, dell’omonima famiglia di Villa San Giuseppe.

Restaurato nel 1840 dai Calogero, come testimonia un’incisione tutt’ora visibile sulla saetta, appartiene tutt’oggi ai membri di tale famiglia.

Unico il panorama visibile dal canale superiore, percorribile nel primo tratto, dalle chiuse in ferro fino a metà percorso, poi bloccato da vegetazione incolta.

Alla mastra si accede attraverso una prima scaletta in legno ed una seconda in ferro: da lì si vede tutta la zona degli agrumeti di S. Domenica con Villa S. Giuseppe in fondo. Il mulino probabilmente mantenne la sua attività fino ai primi decenni del ‘900.

Anche voi siete a conoscenza di rarità nascoste a Reggio Calabria? Aiutateci a valorizzare questi luoghi inviandoci le vostre proposte su [email protected]

 

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