Redivivo: un capolavoro cinematografico visivo e narrativo

di Antonello Diano -  Ormai non è più una novit

di Antonello Diano –  Ormai non è più una novità, il regista Alejandro González Iñárritu è riuscito ancora una volta a sfornare un capolavoro dopo il riuscito “Birdman” del 2014 con Michael Keaton.

“Revenant – Redivivo”, con Leonardo Di Caprio e Tom Hardy è tratto da una storia vera, descritta nell’ omonimo libro di Michael Punke.

North Dakota 1823, Hugh Glass (Leonardo Di Caprio) è un trapper americano (esploratori/cacciatori che percorrevano le montagne del Nord America) che fa da guida durante una battuta di caccia alla ricerca di pelli. Dopo essere stati decimati da un attacco da parte degli indiani Arikara, durante il percorso impervio tra boschi e montagne, Glass viene aggredito da un Grizzly e lasciato in fin di vita da alcuni dei suoi compagni, tra cui Fitzgerald (Tom Hardy) interessato solo al bottino ed a ritornare sano a casa.

Quella che potrebbe sembrare una semplice trama di avventura, viene amplificata e resa realistica dalla bravura e dalla scelta tecnica del regista.

Le scene sono maggiormente dei piano-sequenza, ovvero l’inquadratura è unica e tutta la scena si volge attorno senza tagli di scena, se non solo quando l’azione o la storia si svolge altrove.

Questa scelta stilistica di ripresa fa vivere la storia del film in prima persona, come se lo spettatore fosse lì tra gli attori ad affrontare il dramma raccontato. Tecnica abbastanza difficile visto che la ripresa è una sola e bisogna realizzare la scena in un’unica sequenza, ma i cui risultati sono impressionanti.

Questo stile era già stato un punto di forza in Birdman, e qui si conferma, coinvolgendo lo spettatore e rendendolo quasi partecipe.

Un altro punto di forza del film è la fotografia ed il merito va ad “Emmanuel Lubetzky”, soprattutto per la scelta di girare il film solo ed esclusivamente con “Illuminazione naturale” e per un magistrale uso della steadycam, le cui riprese sono fluide ed uniformi.

Il film si avvale di trasmettere allo spettatore quel senso di realtà anche tramite trucchetti “grafici” che rafforzano la violenza ed il pathòs di ciò che sta avvenendo nel film: schizzi di sangue sulla telecamera, l’obiettivo che si appanna davanti al respiro degli attori, gli zampilli di acqua gelata riescono ad enfatizzare la durezza del film al punto tale da sembrare di visionare un documentario con delle scene vere.

Leonardo Di Caprio e Tom Hardy riescono a reggere da soli un film, il primo trasmettendo i suoi stati d’animo, la sofferenza, la paura solamente attraverso lo sguardo e senza parlare. Qualità che solo un ottimo attore quale Di Caprio possono avere. Mentre Tom Hardy interpreta anch’egli con grande efficacia il “traditore” di turno.

Leonardo Di Caprio stesso, si è “sacrificato” per la riuscita del film mangiando carne di bufalo (l’attore è vegano), dormendo in una carcassa di un cavallo, e recitando al freddo gelido.

Il film non è solo una storia di vendetta, ma è una storia di sopravvivenza e di confronto con la natura che può essere sì spietata ma meravigliosa allo stesso tempo, affrontando soprattutto le tematiche di razzismo e violenza nei confronti dello sterminio degli indiani d’America, battaglia umana che Di Caprio ha sempre portato avanti nella vita reale.

È un film che non ha cali di attenzione e che riesce a tenere col fiato sospeso dall’inizio alla fine, e nonostante alcuni cambi “romanzati” per far funzionare meglio la trama, molto fedele al libro.

È il film del 2016.