Quartiere di Arghillà, serve azione per superare il ghetto

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Alle azioni positive per superare l’emergenza acqua e rifiuti fanno da contraltare tentativi di intervento miopi e inutili. L’idea, rilanciata pochi giorni fa, di costruire ad Arghillà nord altri 60 alloggi per famiglie di poliziotti, ha le sembianze dell’assurdità. La costruzione di altri alloggi da destinare alle famiglie di poliziotti non servirà da deterrente al degrado e al disagio, come dimostrano altre esperienze simili.

Sulla questione di Arghillà nord manca un’analisi chiara. Facendo riferimento alla Scienza sociale che negli ultimi decenni si è occupata dei “quartieri difficili” attraverso diverse ricerche, si potrebbero trarre spunti utili. Secondo la letteratura scientifica, l’insediamento di Arghillà nord è un ghetto urbano di case popolari.

Il concetto scientifico di ghetto urbano è dato dai risultati delle ricerche e da nozioni scientifiche e non corrisponde al comune significato che viene attribuito al termine ghetto.

Secondo le ricerche scientifiche gli insediamenti abitativi come quello di Arghillà nord dove esiste un’ elevata concentrazione ( superiore al 40% dei nuclei residenti) di famiglie che vivono con un reddito al di sotto della soglia di povertà e con una storia di emarginazione, sono dei luoghi che, strutturalmente. determinano l’esclusione sociale.

Per la loro caratteristica strutturale questi insediamenti sono definiti ghetti urbani (teoria dell'” effetto concentrazione” Wilson W.J 1987). Ma la Scienza ne spiega il perché. Un’ elevata concentrazione di famiglie con reddito basso in un quartiere genera un capitale sociale di bassa qualità e questo causa l’esclusione sociale degli abitanti. (Wilson W.J., The truly Disadvantaged, The Inner City, The Underclass, and Public Policy, Chicago, University of Chicago press, 1987; Wilson W.J. (a cura di), The Ghetto Underclass. Social Science Perspectives, Londra: Sage, 1993; M. Magatti, La città Abbandonata , Il Mulino , Bologna 2007; F. Zajczy, B. Borlini, F. Memo, F. Mugnano, Quartieri periferici tra incertezza e trasformazione, Bruno Mondadori, Milano, 2005; E. Pugliese (a cura) Oltre le vele. Rapporto su Scampia, Fridericiana Editrice Universitaria, Napoli, 1999).

Il capitale sociale di un quartiere, secondo la definizione scientifica, (Coleman, 1990; Putman 1993; Putnam 2000) è la “qualità” della rete relazionale esistente tra i suoi abitanti, una caratteristica strutturale fondamentale del quartiere, tanto da cominciare ad essere considerata uno strumento urbanistico.

Quando il capitale sociale ha una buona qualità determina l’inclusione sociale degli abitanti, al contrario, se ha una bassa qualità, ne causa l’esclusione. Secondo le ricerche scientifiche, l’elevata concentrazione di famiglie con reddito molto basso determina un capitale sociale dequalificato, mentre un tessuto sociale caratterizzato da una mixitè sociale, ossia da redditi e appartenenze etniche e nazionali diversificati, determina un capitale sociale di qualità. Il modello ottimale di quartiere per la coesione sociale, secondo gli studi scientifici, è quello con un tessuto sociale diversificato.

Questo concetto scientifico di ghetto urbano, fondato su quello di capitale sociale, consente di comprendere meglio la questione dell’insediamento di Arghillà nord, le cause e le possibili strade da seguire per la sua risoluzione. La causa principale del problema è da individuare nell’alta concentrazione di famiglie con reddito molto basso, mentre la soluzione da adottare dovrebbe essere quella di ridurre la concentrazione, mixando il tessuto sociale e quindi implementando l’attenzione politico-amministrativa sul territorio.

Sarebbe un intervento tutt’altro che irrealizzabile per garantire il superamento del ghetto. Per attuarlo l’Aterp, ente proprietario del 95% degli alloggi di Arghillà nord, ed il Comune di Reggio Calabria dovrebbero realizzare l’equa dislocazione di una parte consistente degli abitanti degli alloggi in diversi quarteri della città e la contestuale vendita sul mercato e/o destinazione per utilizzo pubblico dei relativi alloggi che verranno liberati.

Questo progetto si potrebbe facilmente realizzare perché in tutti i quartieri della Città esiste un’enorme quantità di alloggi privati vuoti, che oggi hanno un prezzo di vendita basso.

Inoltre, secondo la legge vigente, l’Aterp ed il Comune possono vendere e acquistare gli alloggi erp. Pertanto, con opportune azioni di compra-vendita finalizzate al superamento del ghetto, l’insediamento di Arghillà nord potrebbe essere trasformato da insediamento esclusivo di alloggi popolari ad insediamento misto di alloggi pubblici e privati. Come già lo è l’insediamento di Arghillà sud, con un capitale sociale di qualità più alta e con una capacità migliore di intervento sociale.

Per la realizzazione di questo progetto, l’Aterp ed il Comune potrebbero attingere alle risorse economiche del settore ERP, richiedere risorse alla Regione Calabria e partecipare ai bandi nazionali ed europei per i “quartieri difficili”. Sulla volontà di partecipazione degli abitanti di Arghillà nord al programma non esiste alcun dubbio, visto che negli ultimi anni sono state presentate al Comune centinaia di richieste di cambio alloggio in altri quartieri. Naturalmente tutte inevase. L’altissimo costo sociale che negli ultimi decenni il ghetto ha fatto pagare e continua a far pagare ai suoi abitanti e all’intera città dovrebbe essere una motivazione sufficiente per procedere verso questo tipo di soluzione.

Le attività che fino ad oggi sono state messe in campo dal Comune (dalla nuova videosorveglianza, ai progetti sociali, ad una maggiore presenza delle Forze dell’ordine), senza un programma di autentico superamento del ghetto, servono a mantenerlo tentando di renderlo “accettabile”.

Con questa “strategia” infatti negli ultimi 20 anni sono stati spesi per Arghillà milioni di euro senza risolvere il problema cruciale del quartiere: l’estrema povertà e l’isolamento dei suoi abitanti.