Presentato al MArRC “Edipo a Colono” di Sofocle

Nella sala conferenze del Museo Archeologico Nazio

Nella sala conferenze del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, lo stesso Museo e il Centro Internazionale Scrittori della Calabria, per il ciclo di incontri sul teatro antico – dall’antico al moderno storia e variazione del teatro classico nella tradizione occidentale, hanno organizzato il secondo convegno “Edipo a Colono” di Sofocle – Il declino del tiranno: dall’apoteosi del regno all’esilio, con video proiezione.

Hanno introdotto la conferenza Ivana Vacirca, funzionario archeologo del Museo di Reggio Calabria, Francesca Paolino, già docente di storia dell’Architettura dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, Loreley Rosita Borruto, presidente del Cis. Ha relazionato Paola Radici Colace, prof. ordinario di Filologia Classica del Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università di Messina, presidente onorario e direttore scientifico del Cis.

La tragedia, rappresentata nel 401 a. C dopo la morte del tragediografo e intitolata anche Edipo II, riprende la saga della sfortunata stirpe dei re tebani, ed in particolare di Edipo, che raccoglie su di se il tragico destino della famiglia e lo rilancia sui suoi figli: Eteocle e Polinice si uccideranno a vicenda, Antigone si suiciderà in opposizione al nuovo re, lo zio Creonte, e ai suoi decreti.

Ci può essere ancora una tragedia dopo quella consumata nell’Edipo Re, che ha visto nel breve tempo della rappresentazione il crollo fragoroso dell’eroe, passato dalla felice condizione di re amato dai suoi sudditi, marito adorato dalla moglie e caro padre dei suoi figli a quella abominevole di assassino del padre Laio, sposo incestuoso della madre e padre/fratello dei suoi figli? Ed infatti l’Edipo a Colono – ha proseguito la prof. Paola Radici Colace – non segna, applicando lo schema di Aristotele, il passaggio dalla felicità all’infelicità: perché Edipo, all’inizio della tragedia, autoaccecatosi per punire quegli occhi del corpo che non hanno saputo vedere, è già una creatura miserevole, che ha compiuto i più atroci crimini di cui un uomo si possa macchiare. Ed allora, che tragedia si racconta nell’Edipo a Colono se non quella di un eroe borghese, che non scappa da una vita distrutta e degradata con un nobile suicidio, ma accetta di trascinarsi fino alla fine dei suoi giorni, carico delle sue sinistre colpe, di essere rifiutato da tutte le città, che non vogliono contaminarsi con la sua immonda presenza, di vivere una vita raminga che diventa l’espiazione purificatrice del suo tragico destino.

Alla fine – conclude la relatrice –  Edipo trova la terra di Colono che lo accetta, diventato vecchio, stanco e paziente, meditabondo sul valore della vita e specie della morte, si avvia verso un destino che potrà essere solo migliore del dolore che ha vissuto e che non ha eguali nella storia del mito e della letteratura.