Prendiluna di Stefano Benni: una favola di eccessi, una critica sociale o un delirio onirico?

di Maria D’Amico - Buona domenica lettori, oggi

di Maria D’Amico – Buona domenica lettori, oggi #insidethebook  vi presenta un romanzo che ha in sé un mix di normalità e fantasia, amalgamate così bene che mi è quasi venuta voglia di prendermi anch’io Diecimici!

Chi sono i Diecimici? Ragazzi non chiedetemi l’ovvio! DIECI-MICI, no?! Ok, partiamo dall’inizio!

Nome: Stefano.

Cognome: Benni.

Professione: Scrittore, giornalista, sceneggiatore, poeta, drammaturgo.

Romanzo di oggi: Prendiluna.

Segni particolari:  critico, arguto, divertente, ironico, riflessivo, profondo, sagace, (eccessivo o sfrontato?) sicuramente GENIALE.

 “La vecchia guardava la luna e viceversa.”

Inizia così il racconto, Prendiluna, un’anziana maestra in pensione, è fuori dalla sua casa nel bosco, quando avverte una strana magia nell’aria, una sensazione inquietante e che al tempo stesso le infonde una strana rilassatezza (nonostante il batticuore, che sembra avvertirla che quello strano muscolo che giace nel suo petto funziona ancora), come se, finalmente, fosse arrivata la resa dei conti. I suoi dieci gatti (I Diecimici), che a quell’ora solitamente dormono tranquilli in casa, sono corsi via nel bosco, come a voler fuggire da un pericolo imminente. Mentre Prendiluna è assorta nel suo pensare a ciò che di lì a poco sarebbe successo, appare Ariel, il progenitore dei suoi gatti, morto molti anni addietro:

“Ascoltami. Hai otto giorni, come negli antichi calendari. Devi consegnare i Diecimici, ognuno a una persona degna e buona. Poi porterai la lista al Diobono, ti dirò io dove. Se troverai queste dieci persone, il mondo sarà salvo. Se no sarà la fine di tutto, e il mondo verrà annientato, e stavolta non ci sarà nuovo carbonio o Dna che tenga, finito, consummatum est, finished, vorbei, hatanka, piùmiau…  Solo tu puoi salvare il mondo. Cerca dieci Folli, dieci Giusti… E poi morirai.”

Avete capito bene, il destino dell’umanità dipende da una povera vecchietta molto sola che dovrà trovare dieci uomini “Giusti” e donare, a ciascuno, un micio; ma non un micio qualsiasi! Uno dei suoi Diecimici! I suoi strampalati gatti, ognuno con diverse inclinazioni, vizi e virtù:

Hanta, il Rosso, gatto cacciatore e sessuomane.

Nasone, filosofo abile a mimetizzarsi.

Sylvia, gatta poetessa e acrobata.

Dolores, gattina seduttiva dagli occhi grigi.

Gonzalo, gattone irascibile e guerriero.

Emily, gatta bianca, solitaria e sofferente il mal d’auto.

Cronopio, grasso e dormiglione, figlio di Sancho.

Raymond, giocoso e rompipalle.

Jorge, gatto esoterico e telepatico, della stirpe di Durendal.

Prufrock gatto mangione, sopravvissuto a molte catastrofi.”

 

Voi li trovereste dieci uomini degni in otto giorni? Com’è possibile capire se un uomo è buono e giusto? A chi si rivolgerà Prendiluna? Per le sue condizioni viaggiare è dura e il tempo è piuttosto limitato, riuscirà nella sua ultima impresa?  La sua ricerca inizia con una valigiona piena di gatti che si trascina al suo fianco, di lì in poi incontrerà e cercherà molte persone, alcune le ricordava con un animo nobile e le ritroverà marcie e meschine, altre invece si sono arrese alla vita ma conservano nel cuore gratitudine e sacrificio: “Proprio come pensavo, un Giusto non è mai del tutto buono…”

Nel frattempo, due ex allievi della vecchia signora, Dolcino e Michele (L’eretico e l’Arcangelo), cercano disperatamente di raggiungerla, hanno giusto qualche ostacolo da superare, primo fra tutti: evadere dal manicomio! (La clinica per i Pazzi-enti).  Il dottor Felison, psichiatra dei due, soffre, lui per primo, di una grave malattia, la “schermofilia”, se ne sta dentro il suo camice bianco con il viso chino nel suo “Smartefone”, come se il mondo iniziasse e finisse in quello stupido schermo, e poi il pazzo è Dolcino! Lui, che desidera andare via perché, in sogno, ha visto la sua maestra alle prese con una strana missione, una di quelle che lo potrebbe finalmente condurre dal Diobono: “così io e Michele potremmo sgridarlo e forse bastonarlo per bene perché in questo modo forse si pentirà e toglieremo un po’ di dolore a questo mondo, glielo assicuro… “

Se state pensando che questo romanzo rasenti la blasfemia, sappiate che non lo definirei così, è sicuramente spiazzante, duro e ironico su temi piuttosto seri, ma è un modo che l’autore adotta per indurre alla riflessione e sicuramente sottolinea il suo punto di vista. Benni ha affermato che, se avesse la possibilità, entrerebbe in Chiesa e urlerebbe: “ smettetela di adorare quell’altare vuoto, e adoratevi l’un l’altro!” Non avrò una laurea in teologia, ma l’amore e il rispetto reciproco sono alla base di qualunque religione. L’autore esorta il lettore a riscoprire i valori veri, valori universali che prescindono dal nostro credo, non vuole offendere né sminuire nessuno se non la grettezza dell’uomo che tutto consuma, sciupa e deforma.  I “Trumpini” che Prendiluna incontra ripetutamente durante il suo viaggio ne sono l’esempio.

Quando ho iniziato a leggere questo romanzo, mi sono chiesta se fossi folle io ad averlo scelto o se fosse abbastanza folle l’autore ad averlo scritto, probabilmente entrambe le ipotesi sono giuste. Mi rincuora che il confine tra follia e genialità è sempre piuttosto labile. Stefano Benni è un po’ il Cappellaio Matto della letteratura contemporanea italiana, riesce a stravolgere la realtà senza mai alterarla, usa giochi di parole e trabocchetti linguistici che racchiudono i significati più profondi e, mette la fantasia, l’illusione e i richiami onirici all’ordine del giorno. Il suo stile favolostico vi illuderà, inizialmente avrete la sensazione di leggere un racconto di fantasia, sensazione che svanirà proseguendo nella lettura, lasciando il posto a emozioni di sgomento e consapevolezza. Benni evidenzia (per eccesso) qualsiasi circostanza, spoglia i soggetti della loro ipocrisia e li mette a nudo, buoni o cattivi che siano i personaggi, li mostra per ciò che sono senza filtri né ripensamenti. Prende a pugni la realtà come a volerla svegliare dal suo stato comatoso, come a voler spronare gli uomini a riprendere coscienza, a gettare quell’inutile pozzanghera elettronica che tengono continuamente tra le mani e guardarsi finalmente negli occhi, riscoprire la bellezza della vita, buttare i pregiudizi, i deliri di onnipotenza e scavare ciascuno nel proprio animo, perché, se c’è una cosa che ho capito essendo spettatore del viaggio e della ricerca di questi personaggi così fuori dagli “Sche(r)mi” (concedetemi anche a me il gioco di parole), è che un cuore buono e giusto non serve cercarlo in capo al mondo, ma basta semplicemente riconoscerlo e se non puoi fare del bene, puoi pur sempre scegliere di non fare del male: “Siamo sempre un po’ più liberi di quello che pensiamo”.

Questo racconto vi stupirà, vi farà ridere, arrabbiare, riflettere e probabilmente al termine odierete o amerete l’autore, senza vie di mezzo, ma ne sarà valsa assolutamente la pena!

Agli amanti dei gatti, che hanno sempre sostenuto che un micio può salvare la vita, in questo caso Diecimici possono salvare il mondo? Ovviamente la storia non si riduce solo a questo ma è comunque un buon inizio… o forse no?

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