Mary Poppins, il Musical messo in scena da Attendiamoci

Si! Mary Poppins! Ai più potrebbe sembrare strano

Si! Mary Poppins! Ai più potrebbe sembrare strano, specialmente a quanti – come al capofamiglia Banks – ritengano che la stabilità sia data dalla illusione che ogni cosa sia e debba essere sempre al proprio posto.

Il severo banchiere lo afferma con certezza: la vita è una cosa seria! Ma nella sua famiglia, struttura rigida e sclerotica, c’è qualcosa che non va.

Non c’è tempo per il dialogo, si perde il meglio: il volo dell’aquilone. Tante regole – solo apparenti – poco tempo, tanta solitudine nel grido di aiuto dei due bambini, urlo inascoltato dai genitori presi da “alti” e “altri” valori: il voto alle donne, l’efficientismo lavorativo. Tutto dentro un’illusoria “finanza” degli affetti e dei sentimenti, che dimentica l’amore vero. In un panorama di monotonia non scossa neanche dal rombo del cannone. Così non va, deve cambiare il vento!

Ecco la magica Mary Poppins. Perché l’educazione è qualcosa di seriamente magico e di magicamente serio. Mary Poppins rimane adulta, ma sa parlare il linguaggio dei piccoli, sa dare regole e sa generare parole nuove: supercalifragilistichespiralidoso. Parole non banali: super/sopra; cali/bellezza; fragilistic/delicato; expiali/ fare ammenda; docious/insegnabile: fare ammenda per la possibilità di insegnare attraverso la delicata bellezza. E’ la sintesi della scommessa di chi si mette al servizio della crescita dell’altro. L’approccio educativo comincia con la capacità di correggere (reggere insieme), ma sempre nella carità della delicatezza.

E’ educazione al bello, (saper creare bellezza!), continua con l’ordine e quindi col colore. Mary dà colore ai sogni, dà anima ai disegni, possibilità all’impossibile. Crea nuovi mondi in un grigiore che è sterile della possibilità del gioco, dà un buon umore che fa volare, come è per lo zio Albert, un’ironia che tinge di cielo anche il nero spazzacamino. Ogni solitudine è abbattuta nel “tutti insiem…” Tutti insiem –un motivetto che coinvolge – vinto ogni egoismo, o utilitarismo, o banale narcisismo. E’ la vittoria sul mondo della finanza, messo in crisi dal poco di due penny e dal messaggio della vecchietta ricurva sulla scalinata della cattedrale:

C’è una buona vecchietta che chiede al tuo cuor due penny per gli uccellin…
queste creature chi può non amar , trepide attendon lassù,
i piccoli al nido potranno sfamar se qualcosa offri anche tu…
solo un poco voglion da noi date, date, date di cuor.

E’ là, la vecchietta, sempre fedele al suo inutile mandato: dare da mangiare ai piccioni. Solo due penny, ma dati col cuore, dati dal cuore. Il dono parte dal cuore, arriva al cuore, educa il cuore. Perché il dare trasforma il cuore che dona e il cuore che riceve. Il donare rende donante. Due penny per sfamare…i giovani al nido. Un’elemosina che la vecchietta non chiede per sé. Piccola, melanconica, dolce vecchietta incarnazione degli angeli dalla cattedrale che sorridon felici. Dall’alto dei cieli, al poco di quella scalinata: due penny, dati di cuor. Sono due penny di un risparmio da dilettanti, di un risparmio che non vuole diventare finanza. Inaccettabile per l’avido sistema degli adulti, anziani, autoriproducentesi banchieri. Incartapecoriti ripetitori di un mondo – senza – dono.

Una generazione che prende, perché non sa donare…solo due penny. La storia continua e Mary Poppins rimane sempre più sullo sfondo, artefice di un confronto adulti-giovani che vieta l’istituto della delega. Infine tocca ai genitori, al padre che ha perso tutto e scopre di aver sbagliato priorità. Ora tocca alla madre stare dentro al cuore della famiglia, senza spostare e imbrigliare l’amore nella ideologia.

Il padre deve riconquistare il tempo e così viene rimbrottato da Bert: Non hai tempo se non dai tempo:
lei pensa al suo tran tra giornaliero
tempo non ha mai da regalar
ma tutto a un tratto capirà che più non ha dei bimbi da poter viziar…
manca quel poco di zucchero e la pillola non va
Il sipario si va chiudendo con l’ultimo insegnamento: saper sparire, saper tacere l’amore.

Così ci saluta Mary:
Ogni lavoro, quando è concluso, lascia un senso di agrodolce nel momento in cui ci si accorge che il compito è finito. Anche se in cuor tuo ti piacerebbe restare, hai sempre saputo che devono fare da soli.

Perché educare non è sostituirsi, ma rendere autonomi…sempre con un poco di zucchero.

Calato il sipario diciamo grazie ai nostri ragazzi che ci hanno ancora una volta sfidato con questo messaggio educativo. E’ stato impegnativo, faticoso, bello mettere in scena questa storia. E tutto dentro la forza della gratuità che ha coinvolto quanti (e sono tanti, anche da dietro le quinte e in sala) si sono spesi perché tutto fosse supercalifragilistichespiralidoso: dentro la possibilità di insegnare con delicata bellezza.
Il tempo donato – i preziosi due penny – ci ha donato la concretezza, tra fatica e gioia, di nuovi mondi possibili. Anche grazie a questo crediamo che il vento stia cambiando, anzi vediamo che il vento sta cambiando!