L’eredita dello zio canonico a Catonateatro. Pattavina: “quando chiude un teatro è una cosa luttuosa”

Di Anna Biasi - Da oltre 60 cavalca i teatri ita

Di Anna Biasi – Da oltre 60 cavalca i teatri italiani, ma soprattutto siciliani, Pippo Pattavina irrompe nuovamente a Catonateatro con la tipica rappresentazione scenica degli equivoci, “l’eredità dello zio canonico”.

Già l’anno scorso ci aveva deliziato con “l’Altalena” di un’attualità sconvolgente, e molte altre volte aveva fatto coppia con Musumeci, quest’anno, invece, dirige e interpreta la commedia in tre atti di Antonino Russo Giusti.

Pattavina lavora sempre in dialetto catanese e si preoccupa, minuziosamente, di conoscere la parola adatta a tradurre alcune parole tipiche siciliane in dialetto calabrese, perché il suo obiettivo, anche quest’anno è far ridere, con il vocabolo giusto al momento giusto. “Perché il pubblico – dice l’attore catanese – quando va ad assistere ad uno spettacolo comico si pone in una posizione di sfida: guai se non lo fai ridere. Si corrono dei pericoli incredibili, perché fino a quando uno spettatore vede uno spettacolo drammatico, serio, è tutto normale, ma quando si paga un tot per uno spettacolo divertente, le persone vogliono ridere e questi soldi vogliono essere goduti al cento per cento”.

Sfida ovviamente vinta perché le gag e le situazioni grottesche fanno davvero gioire, in cui il protagonista Antonio Favazza (Pippo Pattavina), oscillante tra devozione/adorazione e avversione/ostilità de “il zio”, mostrerà il suo attaccamento al lascito, ove Ubi maior minor cessat.

Applausi densi per la compagnia teatrale, straordinario ed eccezionale supporto per Pattavina: gli attori investiti da questa responsabilità hanno restituito al pubblico il vero piacere di partecipare al penultimo spettacolo del cartellone 2017 di Catonateatro. Personaggi che non possono non far ridere, molti usciti dall’Accademia del Teatro Stabile di Catania, come i fedelissimi della compagnia, tra cui il divertentissimo, movimentato e talentuoso cognato Cosimo Coltraro, la giovane ed espressiva figlia Ramona Polizzi che vuole fare la mantenuta governativaMario il cugino con il braccio leso che porta una spilla d’argento sul petto (Santo Santonicito) e poi ancora, la madre “marescialla” Anna NicolosiClaudia Bazzano, “Mandalena” sorella di Antonio Favazza, la cosa spettacolosa del Cavaliere Amore (il bravissimo e imbacuccato attore di prosa Aldo Toscano), Davide Sbrogiò (vicario Chiarenza e notaio, già presente a Catona nel 2013 con il Paraninfo di Manlio Dovì e nel 2005 con la tragedia greca Ecuba di Euripide con Paola Gassman)  che ha studiato presso l’istituto nazionale del dramma antico INDA, Carlo Ferreri nei panni di Turi Nasca preoccupato a diffondere il terrore con il suo “prima o poi arriva per tutti”, e Giuseppe Carbone il bravo giuvini del notaio.

“È da criminali cercare di fare chiudere la struttura Catonateatro!”– rabbrividisce Pippo Pattavina a fine spettacolo per la questione dell’esclusione dai finanziamenti regionali  – “Quando chiude un teatro è una cosa luttuosa. Faccio un appello alla politica (perché sono i politici che devono smuovere le pedine), perché se c’è la volontà politica le cose si aggiustano. La struttura merita di vivere non uno, due o tre anni ma altri cento anni”.

Foto di Antonio Sollazzo:

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