Valentina Tramontana in scena al Cilea: "Riabbraccio Reggio, ma che tristezza il Siracusa..."

di Anna Biasi - Ha un amore indiscusso per il teat

di Anna Biasi – Ha un amore indiscusso per il teatro e lo coltiva fin da piccolina. Vive nella Capitale ormai da dieci anni, ma le rimane sempre la voglia di tornare a casa, di poter vivere nella sua città natale e guadagnare con la professione di attrice.

Valentina Tramontana il 16 dicembre, inserita all’interno del cartellone artistico dell’Officina dell’Arte, avrà l’occasione per dimostrare a tutti quanto è cresciuta artisticamente e quanto la Calabria ha perso un talento reggino. Sarà al teatro Francesco Cilea con la commedia in due atti “Se ti sposo, mi rovino”, scritta e diretta da Marco Cavallaro, siciliano di Giarre che interpreta anche il ruolo del maggiordomo Ugo.

L’esilarante commedia ha come protagoniste quattro donne che piombano in scena avendo ricevuto tutte una proposta di matrimonio da Franco, Alberto Barbi, un miliardario scapolo e donnaiolo, che le ama tutte indistintamente, magre, grasse, bionde, more, alte, basse….basta che respirino.

La scenografia è molto bella con un gioco di porte che si aprono e si chiudono in un grande soggiorno in cui l’intento principale è non farle incontrare.

I profili sono tutti diversi: Camilla, Ludovica Bei, è una donna manager ambiziosa e agguerrita; Melissa, Ramona Gargano, è stupida e bella e fa la shampista; Luisa, Olimpia Alvino, è una golosona e mangia di continuo; e poi c’è il personaggio della Tramontana: Amalia è malata di fitness, tenace e determinata che Ugo massacra fisicamente, lanciandola letteralmente da una parte all’altra. Visto che non sarà possibile impedire l’inevitabile incontro tra le quattro donne…non resterà che coalizzarsi.

Ai microfoni di Citynow, Valentina ha espresso così la sua emozione: “Nonostante quella di Reggio sarà la 97esima replica, l’emozione di esibirmi nella mia città è grandissima. Non ho il desiderio di andare all’estero e non ho neanche voglia di andare via, di evadere, piuttosto avrei la voglia di tornare a Reggio. Il mio sogno è poter fare qui importanti spettacoli e vivere dignitosamente, e magari poter anche pagare le bollette con la mia professione teatrale. Ho un legame forte con Reggio Calabria, ho tanti amici ai quali sono molto legata. Reggio è il mio pubblico ed ho paura di non dare il massimo, perché ci tengo ed ho tanta voglia di fare bene”

Le Capita di tanto in tanto di tornare in città per le vacanze e per mettere in scena qualche spettacolo autoprodotto al teatro Primo di Villa Sa Giovanni: “con i miei spettacoli autoprodotti, noto che esiste una risposta del pubblico, anche artisticamente, solo che la mia autoproduzione non mi permette sicuramente di poter calcare il Cilea”.

La sua formazione artistica nasce proprio a Reggio Calabria poi con lo stabile di Calabria, di Crotone, ed infine a Roma si diploma alla Libera Accademia dello Spettacolo Teatro del Sogno, diretta da Ennio Coltorti. “Ho cominciato in grosse produzioni, – ammette Valentina – all’inizio ad esempio ho debuttato con Elettra con il regista Walter Manfrè, anche se lo spettacolo a cui sono più legata emotivamente tratta il tema dell’ingiustizia ed è innocente o innocente, diretto e sudato in giro per 5 anni, anche perché il personaggio mi fa tanta tenerezza. Attualmente lavoro, invece, nell’Istituto teatrale europeo di Roma, a teatro Abarico”.

Cosa è per teatro?

“Il teatro è una disciplina. È il mio punto fisso, è il mio centro. Nella vita sono incostante, sento sempre il bisogno di cambiare qualcosa ma il teatro non posso lasciarlo, per nessun regolare contratto al mondo. Senza esso ho le crisi di panico, ho ansia! Si tratta di un lavoro precario che mi prende totalmente e lo amo anche per questo: è la mia passione più grande, che non mi fa guardare l’orologio e non pesa. Il teatro è attrazione fisica …è vocazione… è casa”.

Cosa ne pensi del finale amaro del Teatro Siracusa?

“Sono molto dispiaciuta per la chiusura del Teatro Siracusa. Siamo vicini al Natale, se dovessi descrivere il mio stato d’animo in questo momento è come se ci avessero fatto un regalo e noi l’avessimo rispedito al mittente. Reggio Calabria non se lo merita. Il Siracusa era un Teatro storico, io ci sono cresciuta lì dentro. Anni fa mio padre è stato il commissario dell’ARDIS e il Teatro era gestito con dedizione e competenza… lo so, sono di parte, ma quando un Teatro è pieno di giovani è una vittoria. Molti artisti reggini hanno lavorato in quel posto magico che ha aperto sia il cuore che la mente di una città che ha un’anima, che ha tante cose da dire ma che non trova lo spazio per esprimersi.

Ho sentito un collega mentre smantellavano la sala e mi ha raccontato di aver sentito l’odore delle poltrone. Mio padre, invece, quel giorno non si è avvicinato al Corso perché non voleva vedere quella scena. Verrà aperto un negozio di abbigliamento a quanto pare, non ce l’ho con chi ha preso le mura per farne un punto vendita, sono sicura che anche loro svolgono il loro lavoro con amore e spero non si offendano per queste mie parole.

Quanto ha influito il Teatro Siracusa sulle vite degli artisti reggini?

 Profondamente! Ha fatto parte delle nostre vite quel Teatro. Nel mio ambiente si dice che Ogni volta che chiude un Teatro la città muore un pò e Reggio Calabria non merita di morire, Reggio Calabria non merita una condizione culturale che ti obbliga a coltivare solo il tuo orticello, Reggio Calabria merita ed ha bisogno di collaborazione nel senso sociale più ampio. Le ultime parole di questa intervista, anche se io non sono nessuno, le voglio dedicare al Teatro Siracusa, inteso proprio come struttura, le dedico alle sue mura che hanno cambiato la vita di molti reggini e non solo … Grazie Teatro perché hai tenuto fede alla tua missione…ci hai risvegliati. Tu il tuo compito l’hai svolto alla perfezione.”