L'Anassilaos dedica un incontro all'autore Giuseppe Tomasi di Lampedusa

Non c’è italiano che non nasconda nel cassetto

Non c’è italiano che non nasconda nel cassetto il romanzo della propria vita da cui si attende onori e gloria per riscattare, magari, una esistenza “normale”, comune e per certi versi banale. Siamo un popolo di santi, navigatori e soprattutto di scrittori e poeti e su tale nostra propensione siamo spesso soliti ironizzare. In qualche circostanza invero il romanzo nel cassetto è un vero capolavoro e l’autore si rivela un grande scrittore. E’ questo senza dubbio il caso di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, morto a Roma il 24 luglio del 1957, un anno prima che la sua opera, pubblicata postuma nel 1958, divenisse il caso letterario dell’anno, al quale l’Associazione Culturale dedica un incontro che si terrà giovedì 17 agosto alle ore 21,00 presso il Chiostro di San Giorgio al Corso, con l’intervento della Prof.ssa Francesca Neri, del Prof. Pino Papasergio e di Biagio d’Agostino. Gentiluomo siciliano di antica nobiltà Giuseppe Tomasi visse una vita appartata, intenta alla lettura. Pur estraneo al mondo letterario e alla mondanità che negli anni Cinquanta e Sessanta faceva da contorno ad esso, con i suoi premi e le sue autocelebrazioni, ebbe modo, grazie al cugino Lucio Piccolo, poeta di valore, meritevole di attenzione, di conoscere nel 1954 sia Eugenio Montale che Maria Bellonci, scrittrice, al centro dei salotti letterari dell’epoca tra i quali quello denominato gli “Amici della domenica”, da cui nacque il Premio Strega. Quegli incontri stimolarono forse in Giuseppe Tomasi il desiderio di mettere su carta il romanzo che aveva in mente, il Gattopardo, completato nel 1956. Consapevole di aver realizzato un’opera degna di attenzione e di grande valore egli inviò, come era abitudine a quel tempo, il manoscritto alle due case editrici più prestigiose dell’epoca, la Mondadori e l’Einaudi. In quegli anni lettore per la Mondadori e curatore per l’Einaudi della collana “I gettoni” era Elio Vittorini che rifiutò di pubblicare l’opera. In una lettera inviata a Giuseppe Tomasi, pochi giorni prima della sua morte, il 2 luglio del 1957 e di recente pubblicata così egli scrive “Egregio Tomasi, il Suo Gattopardo l’ho letto davvero con interesse e attenzione. Anche se come modi, tono, linguaggio e impostazione narrativa può apparire piuttosto vecchiotto, da fine Ottocento, il Suo è un libro molto serio e onesto, dove sincerità e impegno riescono a toccare il segno in momenti di acuta analisi psicologica. Tuttavia, devo dirLe la verità, esso non mi pare sufficientemente equilibrato nelle sue parti. Voglio dire che seguendo passo passo il filo della storia di Don Fabrizio Salina, il libro non riesce a diventare… il racconto di un’epoca e, insieme, il racconto della decadenza di quell’epoca, ma piuttosto la descrizione delle reazioni psicologiche del Principe alle modificazioni politiche e sociali di quell’epoca. Il linguaggio, più che le scene e le situazioni, mi pare riveli meglio, qua e là, il prevalente interesse saggistico-sociologico del romanzo. Queste, in definitiva, sono le mie impressioni di lettore e gliele comunico pensando che, in qualche modo, potrebbero anche interessarLe”. Dopo la morte di Tomasi, Giorgio Bassani, che ebbe modo di leggere il manoscritto, di cui colse la complessità della visione storica e la ricchezza contenutistica, propose l’opera alla Feltrinelli che la pubblicò nel 1958 con un grande successo di pubblico e facendone il caso letterario dell’anno. Nel 1959 il Gattopardo vinse il Premio Strega. Nel 1963 Luchino Visconti ne trasse un film celeberrimo. L’opera non era fatta per piacere a Vittorini, che anche dopo il successo confermò il suo giudizio negativo, e agli scrittori di sinistra dell’epoca perché ritenuta non al passo coi tempi, espressione “ideologica” di un mondo superato e rivissuto dall’autore con una certa nostalgia. Lo stesso Vittorini, del resto, rifiutò la pubblicazione del Dottor Zivago di Pasternak e dei Tamburi di Latta di Gunther Grass, facendo la fortuna della Feltrinelli. L’opera piace forse poco anche agli scrittori siciliani se di recente, in una intervista, Andrea Camilleri ha detto che il Gattopardo “non è un buon romanzo”. L’Anassilaos intende analizzare la figura di Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel contesto letterario del Novecento difendendo la sua opera da ogni errata forma di interpretazione ideologica e riconoscendo che essa interpreta, ai nostri giorni la complessità della storia e dei suoi tortuosi accadimenti, meglio di ogni ottimistico rivoluzionarismo.