L'Anassilaos fa appello al Comune per un nuovo intervento di restauro

Un S.O.S per la salvezza dell’Angelo Tutelare da

Un S.O.S per la salvezza dell’Angelo Tutelare dal degrado evidente in cui versa  è stato lanciato dalla Sezione Giovanile dell’Associazione Culturale Anassilaos il cui Presidente Tito Tropea fa appello al Comune e a tutte le autorità interessate per un nuovo urgente intervento di salvaguardia e restauro del manufatto che faccia seguito a quello del 1998. A diciannove anni di distanza – rileva Tropea – i segni del degrado sono purtroppo evidenti e impongono interventi immediati per conservare un’opera che, oltre l’indiscusso  pregio artistico, è una delle poche sopravvissute ai terremoti che hanno colpito la città e testimonia una parte importante della storia di Reggio Calabria. Da indentificare quasi sicuramente con San Michele Arcangelo, il cui culto era diffuso nella città di Reggio Calabria, la statua si trova dal 1960 nella piazzetta antistante la Chiesa di San Giorgio, dopo essere stato conservata per lunghi anni, dopo il terremoto del 1908, nel Museo Civico e all’interno di quello che impropriamente chiamiamo “chiostro” di San Giorgio al Corso. Eretta nel 1637 a poca distanza dalla Porta della Dogana, vicino al Convento dei Carmelitani, e posta sopra un alto basamento, crollato nel terremoto del 1783, come si rileva da una antica stampa,   forse opera giovanile dello scultore messinese Placido Blandamante, che lavorò a Reggio per l’illustre famiglia Strozzi e successivamente nella Cappella del Santissimo Sacramento in Duomo, la statua regge nel braccio sinistro uno scudo che rappresenta lo stemma del Comune di Reggio Calabria (San Giorgio che uccide il drago). Sappiamo – dice il Presidente di Anassilaos Giovani – che gli storici ottocenteschi divergevano  sulle ragioni che indussero i Reggini ad affidarsi, nel 1637, alla tutela dell’Angelo. Per Mons. Antonio de Lorenzo si trattava di una difesa dalle incursioni ottomane – che in quegli anni erano comunque scemate- mentre lo Spanò Bolani scrive nella sua Storia – rifacendosi alla testimonianza del Canonico Calarco – che la statua “fu alzata in quel luogo  per cancellare la triste ricordanza …della esecuzione capitale  sofferta dagli uccisori del Cav.  Monsolino su quella piazza della Chiesa dei Carmelitani, per ordine del consigliere Ferrante Barbuto che, a dispetto della scomunica dell’Arcivescovo, li avesse fatti trarre a viva forza da quella Chiesa dove avevano cercato asilo. E a disperdere quella memoria di dissidi cittadini abbiano pensato i sindaci  Giacomo Laboccetta, Francesco Spanò ed Angelo Schimizzi d’ergere quella statua all’Angelo Tutelare della città”. Come che sia –conclude Tropea – da questa testimonianza si rileva la necessità di conservare per le future generazioni un’opera che è parte significativa della storia di Reggio Calabria, spesso contraddistinta da “dissidi cittadini” che le hanno procurato non pochi problemi, e di prevedere, oltre a un ormai indifferibile restauro, anche una collocazione in uno spazio chiuso.

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