“La terra degli alberi caduti”, l'inchiesta di Claudio Cordova presentata in Lombardia

La video-inchiesta di Claudio Cordova, “La terra

La video-inchiesta di Claudio Cordova, “La terra degli alberi caduti”, arriva in Lombardia. Il documentario del giornalista calabrese sarà presentato il 15 novembre a Pavia e il giorno successivo, il 16 novembre, a Milano. Il 15 novembre alle 21, il quarto appuntamento degli incontri pubblici serali di approfondimento che accompagnano il corso in “Storia delle mafie italiane”, tenuto presso il Collegio Santa Caterina da Siena di Pavia dal professor Enzo Ciconte e riconosciuto dall’Università di Pavia e dalla Scuola Universitaria Superiore IUSS di Pavia.

In questa serata la prospettiva si amplierà alle organizzazioni criminali internazionali per il dibattito “Sulle rotte del narcotraffico: mafie e America Latina”, che vedrà ospiti Francesco Forgione, già presidente della Commissione parlamentare antimafia e oggi docente all’Alta Escuela para la Justicia di Città del Messico, Antonio Mazzitelli dello United Nations Office on Drugs and Crime e Claudio Cordova, direttore della testata calabrese Il Dispaccio e autore del documentario “La terra degli alberi caduti.

Il giorno successivo, venerdì 16 novembre, alle 20.30 Claudio Cordova presenterà a Milano il proprio lavoro investigativo. La presentazione è organizzata da Radio Popolare e si terrà presso l’Auditorium Demetrio Stratos, in Via Ollearo 5 a Milano.

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Si tratta delle prime presentazioni in Lombardia del documentario realizzato da Cordova in Messico, Paese piegato e fiaccato dalla violenza e dalla connivenza tra il potere e la criminalità organizzata. Si tratta di un’inchiesta svolta sul campo che va ben oltre l’immagine folkloristica di spiagge e luoghi paradisiaci per il turismo: il documentario apre squarci di luce sul cono d’ombra informativo che copre il Messico.

“La terra degli alberi caduti” è una video-inchiesta del giornalista calabrese Claudio Cordova, che ha effettuato una vera e propria discesa negli inferi, un viaggio durato diverse settimane.

Un racconto in prima persona del dramma messicano: attraverso le angoscianti testimonianze dei protagonisti e le crude immagini in presa diretta della devastante realtà di quel Paese, si assiste a un racconto incalzante e privo di infingimenti. Il documentario riporta le interviste dei più noti giornalisti messicani che si occupano dei diritti umani e dei rapporti tra narcos, politica e istituzioni.

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Il documentario è frutto di produzione realizzata tra Italia e Messico, che racconta un dramma che è diventato ormai uno scandalo, che il panorama internazionale cerca di ignorare. Circa 40 mila persone scomparse e più di 980 fosse comuni. In Messico corruzione e narcos vanno a braccetto in molti casi e in molte regioni.

A pagare sono anche i giornalisti che tentano di raccontare queste vicende, casi di narcopolitica, di pezzi dello Stato direttamente coinvolti con i gruppi di criminalità organizzata. In questa coincidenza di elementi – politica, cartelli della droga, affari – si nasconde il motivo della violenza contro i giornalisti. Una vera e propria “strategia della tensione” che non risparmia nessuno: emblematica la vicenda dei 43 studenti della scuola di Ayotzinapa, scomparsi per mano di forze dell’ordine e narcos.

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Per la prima volta, un giornalista calabrese effettua un’inchiesta di tale portata. Il documentario, della durata di 48 minuti, affronta i temi più scottanti del Messico: dal traffico di droga alle connivenze istituzionali, passando per la dipendenza della magistratura dagli organi politici, che si traduce in un tasso di impunità che supera il 90%.

In Messico la pratica della tortura è ampiamente generalizzata, il numero di omicidi vicino a quelli delle zone di guerra e le violazioni dei diritti umani, che non risparmiano donne e bambini, all’ordine del giorno. Un Paese in cui 40 milioni di persone vivono sotto lo stato di povertà e in cui la libertà di stampa è compressa, attraverso la censura e i rastrellamenti dei cronisti non allineati.

La regia è stata realizzata dal giornalista Antonio Morelli e dal cineasta argentino, ma residente in Messico da anni, Gabriel Dombek.

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