La leggenda di Adele e Saverio: la versione calabrese della tragedia shakespeariana tra 'Montecchi e Caputleti'

La leggenda narra la storia d'amore di due giovani appartenenti a due famiglie nobili della Calabria

Conosciamo la nostra terra, ne conosciamo i profumi, i luoghi, ma non sempre conosciamo i meravigliosi miti e le misteriose leggende che avvolgono la Calabria.

Oggi vi raccontiamo la leggenda di Adele e Saverio, la versione calabrese della tragedia shakespeariana di ‘Romeo e Giulietta‘.

La leggenda

La storia si pone fra la fine degli anni 1830 – 1840 a cavallo del periodo storico carbonaro-rivoluzionario ed ha in comune alcuni tratti melodrammatici del racconto e delle vicissitudini di Romeo e Giulietta decantata dal grande William Shakespeare; con una differenza: quest’ultima è il frutto della fantasia del poeta, mentre questo racconto è vera storia.

Due giovani, appartenenti all’aristocrazia catanzarese e a due famiglie fra le più note della città s’innamorarono.

Lei, Adele, figlia del marchese De Nobili (già deceduto al tempo del nostro racconto) era appena ventenne e viveva nel suo palazzo (Palazzo De Nobili, appunto, oggi sede del Municipio) insieme alla madre e ai suoi tre fratelli.

Lui, Saverio Marincola, figlio dell’omonima casata nobiliare, è il personaggio maschile. I due s’incontravano furtivamente in quanto la loro relazione era osteggiata dalle due famiglie che erano divise anche per le loro tendenze politiche: l’una, la famiglia De Nobili, fedele al governo borbonico, l’altra, i Marincola, progressista e rivoluzionaria, appoggiava la politica indipendentista carbonara.

Saverio, ogni sera incontrava Adele sotto la sua finestra (l’ultima finestra a destra della facciata anteriore di Palazzo De Nobili) e qui i due con la paura di essere scoperti dai fratelli di lei, si lanciano baci e promesse d’amore. Ma, una sera, il maggiore dei fratelli di Adele si accorge della tresca, apre il portone principale del palazzo ed affronta a duello Saverio; quest’ultimo si difende ma poi riesce a fuggire, incalzato non solo dal maggiore, ma anche dagli altri due fratelli della fanciulla.

Ad Adele, che viene reclusa nella sua stanza, ma il Marincola escogita un piano per poterla rivedere, facendo in modo che ella non rischiasse di farsi scoprire. Saverio arrivava la sera sotto Palazzo De Nobili in sella al suo cavallo, i cui zoccoli erano ferrati d’argento in modo tale che il suono emesso durante il galoppo fosse diverso da quello degli altri cavalli che normalmente avevano gli zoccoli in ferro.

Quel suono, per Adele, era un segnale, ed ella si affacciava alla sua finestra per rivedere e salutare l’amato. La storia non evolve per almeno sei mesi; quando, una sera, intorno alle ore 21.00, il Marincola, provenendo dalla zona di Catanzaro Lido, dove si era recato ad ispezionare alcuni latifondi, viene appostato, nei pressi della salita di rione Samà, e fermato da alcuni colpi di carabina che alcuni sconosciuti gli sparano contro: soccorso da alcuni presenti, morirà dopo due ore.

Alla notizia della morte di Saverio, Adele si rinchiude nel suo dolore. Non mangia, non dorme, non vuole vedere nessuno. La magistratura indaga e scopre i colpevoli: sono i fratelli di Adele. I tre fratelli De Nobili fuggono nottetempo salpando verso l’isola di Corfù.

Adele, affranta, lascia il palazzo, arriva in carrozza fino a Pizzo Calabro e qui s’imbarca per Napoli dove viene accolta nel Convento delle “Murate Vive”. Qui, divenuta suora, trascorrerà il resto della sua vita.

Intanto i fratelli, dall’isola di Corfù, condannati in contumacia, fanno sapere agli operatori di giustizia che, se il loro reato fosse stato perdonato, avrebbero rivelato alle autorità di una certa operazione rivoluzionaria che, dall’isola di Corfù, sarebbe approdata sulle coste calabresi per tentare di far insorgere gli animi al patriottismo, contro i Borboni.

In conseguenza alla loro delazione, i fratelli De Nobili, furono prosciolti dalla condanna di omicidio e fu permesso loro di rientrare in Calabria. Il più piccolo di loro cercò di farsi perdonare dalla sorella ed andò a trovarla a Napoli pur sapendo che era difficile vederla ma, ella rifiutò risolutamente di incontrarlo.

Adele si considerava morta per il mondo intero e non avendo il coraggio di uccidersi, aveva deciso, pur soffrendo enormemente, di essere per sempre il simbolo del rimorso per i fratelli che si erano macchiate le mani di sangue.

Dopo la morte di Adele, molti testimoni giurano di aver visto una figura spettrale, vestita da suora, aggirarsi nel Palazzo De Nobili. Molti di essi sono gli impiegati del Comune di Catanzaro che, anche durante il giorno, vengono disturbati da rumori improvvisi (come lo strano trascinarsi di catene), spostamento di oggetti e improvviso chiudersi o aprirsi di porte.

Inoltre, la notte, gli uomini di vigilanza dell’agenzia: “Buccafurri”, dichiarano di rimanere con molto disagio nell’atrio del Municipio e, soprattutto, di essere timorosi nel fare il giro d’ispezione per le stanze, dato che alcuni di essi hanno visto e sentito lo spettro di Adele.

E’ uno spirito ancora carico di rancore e di odio per la morte ingiusta del suo amato Saverio, vittima incolpevole di un amore non realizzato. Il fantasma della fanciulla torna nella casa paterna, nella speranza di rivedere ancora una volta quello di Saverio, ma non può più farlo perché affacciarsi alla finestra della sua stanza è impossibile, in quanto, nel frattempo, è stata murata. L’anima della suora vaga poiché dannata. Non è stata, in effetti, la fede a farle prendere i voti, ma la disperazione e l’odio, quindi il suo giuramento verso Dio fu falso e ciò la condanna a vagare per sempre.