Inside the book - “Montedidio, dove frigge la vita” di Erri De Luca

di Maria D’Amico - Capita che ascolti una canzon

di Maria D’Amico – Capita che ascolti una canzone e ti viene in mente un ricordo che però non ti appartiene del tutto, è un pezzo di vita che hai letto, che hai vissuto attraverso gli occhi di qualcun altro, attraverso i suoi passi e i suoi pensieri, ma questo non lo rende di certo meno reale. Così, parte la musica e mentre Jovanotti canta “paura di niente” ti ritrovi a Napoli, più precisamente a Montedidio, “sul lastrico più alto di Montedidio”.

Erri De Luca è l’unico che riesce a rendere un intero luogo protagonista di un racconto, lo fa descrivendolo quotidianamente tramite gli occhi e i pensieri di un bambino che si guadagna già il pane, con la sua determinazione e innocenza, con le sue domande irrisolte , con la sua neonata voglia di riscattarsi alla vita.

Immagino l’autore che, come un chimico, stila una lista di elementi essenziali per scrivere una storia piena di cuore, dappertutto! E con cuore non intendo nulla di sdolcinato, anzi, ciò che realmente fa venire la pelle d’oca, come se le parole sgusciassero via dalla pagina e si mettessero comode tra la pelle e le ossa, pronte a graffiarti quando meno te lo aspetti.

Allora, abbiamo: Montedidio, qualche famiglia un po’ spezzata, un pezzo di legno magico “u bumeràn”, la bottega di “Mast’Errico”, due ragazzini, un diario “il rotolo” e don Rafaniello “ ’o scarparo”, con la sua gobba e la sua profezia.  Rafaniello, “è venuto a Napoli per sbaglio, voleva andare a Gerusalemme dopo la guerra. È sceso dal treno e ha visto il mare per la prima volta. Una sirena di bastimento ha suonato e lui s’è ricordato di una festa al paese suo che comincia con un suono uguale. Ha guardato i piedi, quanti scalzi, bambini assai come al paese suo, secchi, svelti, gli sembrano i suoi. Lui viene da un paese inguaiato che ha perso tutti i bambini, la folla di Napoli glieli riporta a mente. Al paese suo sono così pochi che non si salutano più, a Napoli invece uno può passare la giornata solo a salutare e poi si va a coricare stanco solo per quello”.

Il mare! La culla di ogni storia per il nostro autore, Rafaniello ne rimane affascinato, come biasimarlo! Napoli gli ricorda Gerusalemme, la casa in cui sogna di tornare ma, per farlo, dovrà attendere che le ali che custodisce nella sua schiena gobbuta siano pronte a spiccare letteralmente il volo. Anche i due ragazzini attendono il momento giusto per esaudire i propri sogni, che sia far volare un bumerang sopra Montedidio, o scoprire “l’ammore, quello con due emme”.

C’è un momento in cui l’infanzia finisce e ci ritroviamo in quel limbo in cui non si è più bambini ma neppure adolescenti, allora cosa siamo? Siamo bozzoli che scalciano per uscire da quello spazio ormai angusto che un tempo trovavamo quasi confortevole, siamo bruchi che si atteggiano a farfalle, abbiamo in testa vortici di colori ed emozioni con cui filtriamo la vita e lastrichiamo la strada sotto i nostri piedi. Erri De Luca ha la capacità di sviscerare completamente una fase così contorta, che bastano poche parole con quella leggerezza e unicità che contraddistingue la lingua napoletana e torni ad avere tredici anni, non hai idea di cosa la vita abbia in serbo per te ma, con la determinazione e l’innocenza che solo un ragazzino che si affaccia alla realtà può avere, decidi che qualsiasi cosa sia, alla fine, vinci tu.

Ma per vincere la vita occorre allenarsi ogni giorno, occorre salire sul terrazzo più alto e provare a lanciare “u bumeràn” e, se non ti senti pronto l’importante è non mollare, perché arriverà il momento che avrai la sicurezza dei passi che hai compiuto, sentirai crescere dentro di te una forza che non credevi di avere e, tutto ciò in cui hai creduto, sarà  a portata di mano e come un bumerang, quello che hai donato alla vita tornerà da te!

Il protagonista ci racconta come “frigge” la vita in un quartiere napoletano decisamente affollato, sembra strano che la vita possa “friggere” ma De Luca non lascia nulla al caso, ogni termine è pesato e usato con assoluta dovizia.

Per esempio, si potrebbe dire che ognuno di noi nasce “crudo” e col tempo la vita ci cuoce, frigge appunto e tutto quello che fa parte della realtà, come olio bollente s’insinua in noi e ci trasforma. Per il ragazzo parte di quell’olio bollente sono stati sicuramente gli insegnamenti di Rafaniello, la tenerezza con cui descrive il calzolaio rivela l’affetto e la stima che nutre verso di lui: “…mi fa un sorriso e si muovono le rughe e le lentiggini, pare il mare quando ci piove sopra.”

 “Non sento la mancanza, dice, sento la presenza. Nei pensieri o quando canto, quando aggiusto una scarpa, sento la presenza del mio paese. Mi viene a trovare spesso ora che non ha più un posto suo… Quando ti viene la nostalgia non è mancanza è presenza, è una visita, arrivano persone, paesi da lontano e ti tengono compagnia. ‘Allora don Rafaniè, le volte che mi viene il pensiero di una mancanza la devo chiamare presenza?’ Giusto, così ad ogni mancanza dai il benvenuto, le fai un’accoglienza. ‘Così quando sarete volato io non devo sentire la mancanza vostra?’ No, dice, quando ti viene da pensare a me io sono presente. Scrivo sul rotolo le parole di Rafaniello che hanno rivoltato la mancanza sottosopra e ora sta meglio così. Lui fa coi pensieri come fa con le scarpe, le mette capovolte sul bancariello e le aggiusta.”

Credo che per delineare il personaggio di Rafaniello, Erri De Luca abbia intinto la sua penna direttamente nel calamaio della sua anima, perché più che uno scrittore, anche lui riesce con semplici parole ad aggiustare i pensieri e regalarti storie che, una volta lette e indossate, calzano sempre alla perfezione.