'Giovedì in biblioteca', incontro sul centenario di Caporetto

Nell’ambito dei “Giovedì in Biblioteca” pro

Nell’ambito dei “Giovedì in Biblioteca” promossi congiuntamente dall’Associazione Culturale Anassilaos con il Comune di Reggio Calabria-Assessorato alla Cultura- e la Biblioteca Pietro De Nava, si terrà giovedì 28 settembre alle ore 16,45 presso la Villetta De Nava nel Centenario della battaglia di Caporetto, il Prof. Antonino Romeo terrà una conversazione sul tema “Caporetto ” durante la quale analizzerà le ragioni militari, politiche e “quasi psicologiche” di una delle più gravi disfatte militari che l’esercito italiano e il nostro Paese subirono nel corso di un conflitto armato. Alle ore 2:00 del 24 ottobre 1917 le truppe austro-ungariche, sotto il comando di Otto von Below, sostenute da reparti tedeschi, iniziarono quella offensiva che in un breve volger di giorni costrinse le truppe italiane a ritirarsi fino al fiume Piave. A spiegare la sconfitta oltre all’uso dei gas asfissianti da parte degli austro-ungarici all’inizio dell’offensiva, anche e soprattutto alcune gravi deficienze tecniche-strategiche delle truppe italiane impreparate ad una guerra difensiva. Raffaele Cadorna, comandante in capo, fu giustamente ritenuto responsabile della catastrofe di Caporetto e sostituito da Armando Diaz, ma la strategia che egli seguì a Caporetto era quella tipica dei comandi militari dei paesi della triplice intesa e dell’Italia basata su uno schema offensivo che poggiava sull’azione delle artiglierie cui faceva seguita l’attacco dei fanti. I Tedeschi sul fronte francese e gli Austroungarici a Caporetto fecero invece uso di una tattica che potremmo definire “difesa elastica” che prevedeva un ripiegamento tattico seguito da un nuovo attacco. Quanto al valore dei nostri soldati, messo in dubbio dallo stesso Cadorna che accusa i fanti per “la mancata resistenza di reparti della II Armata, vilmente ritiratisi senza combattere e ignominiosamente arresisi al nemico”, probabilmente allo scopo di scaricarsi della responsabilità della disfatta, a parte gli episodi di fughe e diserzioni durante la caotica e male organizzata ritirata verso il Piave, esso fu grande. I militi seppero reagire e resistere in maniera inaspettata anche per gli Austro-Ungarici. Il problema vero forse era che adesso, con gli austriaci quasi in Val Padana, occorreva difendere i propri paesi, le mogli, i figli e la terra fuori da ogni retorica bellica. Questo diede forza e coraggio, il coraggio della disperazione di chi sa che rischia di perdere tutto e dimostra quanto gli italiani, popolo smaliziato e alieno da tronfi ardori bellici, sappia combattere quando gli si da una ragione valida. Caporetto e il Piave sono i punti estremi di una vicenda storica, politica e militare che va ben oltre i fatti di cento anni fa. Come scrive il giornalista Aldo Cazzullo sulle pagine del Corriere, citando lo storico Mario Silvestri, “la vera Italia non è quella del Piave ma quella di Caporetto. Caporetto viene da lontano e va lontano. L’Italia del Piave non è la regola ma l’eccezione. Quello che avvenne cento anni fa era già avvenuto prima, avvenne dopo, avviene sotto i nostri occhi e ci sono tutte le premesse perché avvenga in futuro”