Giovani architetti, quando l'Italia non sogna più

Ci chiamano la generazione Erasmus perché giriamo

Ci chiamano la generazione Erasmus perché giriamo l’Europa come trottole alla ricerca di un sogno, alla ricerca di un’esperienza fuori dai confini nazionali. Siamo stati abituati a fare le valigie fin da adolescenti, aiutati dalla cancellazione delle frontiere e dai vari programmi europei e, fin qui, è il lato bello della storia.

Di quella storia che si chiama Europa dei popoli! Come in tutte le storie c’è il rovescio della medaglia, perché una volta formati, una volta laureati, dopo aver conseguito master e specializzazioni varie, non ci accontentiamo e non ci possiamo accontentare . Ho deciso di scrivere queste poche righe poiché colpito e traumatizzato dalla morte di Gloria e Marco, due giovani italiani morti nel rogo della Grenfell tower di Londra.

Forse colpito a maggior ragione per la loro storia che può essere la storia di un qualsiasi giovane neolaureato, ancor più perché Gloria era architetto come me, partita per inseguire quel sogno di fare della propria passione un obiettivo di vita e poter vivere del proprio mestiere, costretta ad andare via dall’Italia, patria dell’arte per eccellenza, paese che non è in grado di mettere a sistema e creare lavoro per le tutte le giovani professionalità con formazione di livello. Mi ritornano in mente le parole di un caro amico architetto, il quale mi diede la possibilità di lavorare in Portogallo grazie al programma Erasmus, che mi disse:<< Giacomo, i giovani architetti e studenti italiani sono molto ricercati all’estero perché hanno una formazione culturale nettamente superiore ad altri coetanei , tuttavia arrivate a lavoro troppo tardi rispetto agli altri e spesso con poche nozioni pratiche del mestiere>>.

Questa frase mi fece molto riflettere anche perché mi ha dato modo di individuare una della cause principali per la quale, anche quando cerchiamo lavoro in Italia, siamo sottopagati o molto spesso lavoriamo gratis. Chiunque, prima o dopo, si è sentito dire la frase ALL’INIZIO DEVI IMPARARE. Ecco, con l’eco di questa frase ho immaginato Gloria partita per l’Inghilterra, passando dai 300 euro al mese alle 1800 sterline per la stessa mansione.

Pure a Londra doveva imparare però aveva possibilità di vivere con le proprie forze. Non mi è mai piaciuto strumentalizzare le tragedie per lanciare messaggi e ne sono sempre più convinto, però una riflessione collettiva è obbligatoria e molte sono le domande per le quali tutta una generazione di giovani ha diritto a delle risposte.

In Italia ci sono 1/3 degli architetti europei , iper-formati che nel paese di origine fanno fatica ad emergere, non perché sono in tanti come ci vogliono far credere bensì perché il sistema lavorativo riflette in pieno il paese. L’Italia è un paese per vecchi: scarse sono le misure a garanzia dei giovani e utilizzate maldestramente. Un giovane architetto fresco di università si trova in un limbo, in un vuoto esistenziale e materiale, lasciato allo sbaraglio fra ordini professionali che vanno riformati e percorsi lavorativi incerti. A tal proposito Renzo Piano,in una famosa intervista, disse rivolgendosi ai giovani architetti :<< dovete andare via per formarvi, per vedere prima dovete viaggiare per il gusto di farlo e non per disperazione >>. Allora che dobbiamo fare se non cercare di ritornare dove siamo stati bene? Ci chiamano la generazione Erasmus.

Una volta andavamo via per inseguire il sogno europeo per allargare i nostri orizzonti, oggi andiamo via o vorremmo andare via perché i nostri sogni siamo obbligati ad inseguirli altrove.

Giacomo Chirico , GIarch , ( Associazione Giovani Architetti Italiani)