"Fiumi d'oro": il viaggio di Gratteri e Nicaso all'interno del fenomeno mafioso

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Come ogni domenica CityNow.it torna con un nuovo appuntamento di #InsideTheBook, la rubrica settimanale attraverso cui vi consigliamo un libro da leggere. Protagonista questa volta l’ultimo capolavoro edito dalla penna di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso, “Fiumi d’oro“.

“Fiumi d’oro” sono quelli che scorrono fra le celate casse della ‘ndrangheta, prima fra le organizzazioni criminali per diffusione nell’intero globo.

Il libro del Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri e dell’esperto di mafie Antonio Nicaso ci racconta dell’evoluzione del fenomeno mafioso nel suo agire e soprattutto nella sua capacità di procurarsi dei profitti e lo fa con una impressionante semplicità lessicale, tale da permettere a qualsiasi lettore di comprendere le metodologie mafiose.

“Fiumi d’oro” è uno scritto in cui i dati statistici, le relazioni annuali della Direzione nazionale antimafia e i racconti dei pentiti, tratte dai verbali di indagine, la fanno da padrone, aprendoci gli occhi su un mondo che pare ormai lontano, ma che in realtà non è mai stato così vicino.

La mafia, la ‘ndrangheta, la camorra, la sacra corona unita sono cambiate, non sono più quelle che uccidono, che sparano per strada, ma viceversa sono quelle che agiscono nel silenzio, con l’accordo dello Stato e della Chiesa, i cui componenti sono tra le prime file dei collusi appartenenti alla massoneria.

In questo nuovo volume leggiamo dunque di una ‘ndrangheta nuova, che si avvale dei cosiddetti “colletti bianchi” per procurarsi delle entrate: commercialisti, avvocati, ingegneri, banche, aziende, non vengono cercati dai vari clan calabresi, ma anzi si rivolgono personalmente agli stessi, sperando di trovarne un supporto economico.

Questo la dice lunga sulla “fiducia” che oggi il popolo riveste sulla ‘ndrangheta, la quale sfruttando il momento si arricchisce non solo con “l’oro bianco”, la cocaina, ma anche con il riciclaggio di denaro sporco nei vari paradisi fiscali, protetti dal segreto bancario.

Denaro riciclato che viene utilizzato per investire negli immobili, nei ristoranti, nelle società e per far fruttare altro denaro, questa volta pulito. Così la ‘ndrangheta diventa una macchina perfetta, difficile da scalfire anche grazie alla protezione di tanti uomini che potrebbero smascherarla, ma non lo fanno.

Gratteri e Nicaso realizzano un perfetto excursus della penisola italiana illustrando quali siano le regioni maggiormente pervase dal veleno della mafia e in cui i clan calabresi investono maggiormente.

La Lombardia primeggia per l’investimento immobiliare, il Friuli Venezia Giulia, il Piemonte, il Lazio per quello bancario, aziendale e quello relativo alla ristorazione a dimostrazione che l’organizzazione criminale di matrice calabrese ha ormai espanso le sue radici in tutto il territorio italiano e non solo; i contatti della ‘ndrangheta infatti non sono limitati dal mare nostrum, anzi vanno ben oltre l’Europa e creano una linea che arriva fino al Perù, alla Colombia, alla Bolivia, al Canada, all’Australia.

Ed ecco che così sul finale arriva la presa di coscienza: come si può sconfiggere una realtà così ben collaudata, protetta tra l’altro del silenzio di chi avrebbe il dovere di parlare? Dare una risposta a questo quesito non è affare semplice, tuttavia il duo Gratteri-Nicaso, attraverso questo libro, come con tutti i precedenti, cerca di dare una smossa alle coscienze dei giovani affinché cambino questo Paese fatto di paura, omertà e collusione, affiché si possa avere un futuro diverso in cui la giustizia e la legalità possano coincidere e trovare lo spazio che meritano.

“Molti la definiscono zona grigia, altri, semplicemente, zona di mezzo. Si tratta di un’area di contatto fra il mondo mafioso e quello legale[..] i cosiddetti uomini di mezzo servono per favorire le operazioni di riciclaggio e di investimento e per sfuggire all’attività repressiva sul fronte patrimoniale che rappresenta il male peggiore per boss e affini. I mafiosi, com’è noto, temono più le confische che la galera”.

gratteri