Il dott.Cutrupi si racconta a Citynow: “Calabria, terra che mi ha dato le origini, ma non ancora l’accento”

di Eva Curatola – Come ogni domenica CityNow.it

di Eva Curatola – Come ogni domenica CityNow.it torna con un nuovo appuntamento di #InsideTheBook, la rubrica con cui vi proponiamo un libro da leggere. A far da protagonista questa settimana è il Dott. Antonio Cutrupi, con il suo libro d’esordio. “Plastica. Storie di una leggera follia”.

Noi di CityNow abbiamo incontrato il chirurgo e urologo pediatriaco che ha donato parte della sua devozione alla letteratura e l’abbiamo intervistato per voi.

Antonio Cutrupi è un uomo come tanti, con le capacità che solo pochi eletti hanno la fortuna di possedere, che si è distaccato dalle correnti del momento che portano tanti medici ad occuparsi dell’area olistica, per dedicarsi invece a qualcosa di più vero e tangibile in grado di toccare il cuore dei lettori.

Plastica. Storie di una leggera follia” è il titolo del suo primo volume, che calamita e monopolizza l’attenzione del lettore, che si sa messo di fronte alla ‘follia’ non può far a meno di incuriosirsi. Da che mondo è mondo, i lettori sono stati infatti abituati a quel pizzico di ‘insanità mentale’ che li ha fatti sentire meno soli e strani, perché ognuno a modo suo, possiede la sua ‘leggera follia’.

“Chi non ha oggi una leggera follia? Chi non ha paura del presente e del futuro? – afferma Antonio Cutrupiabbiamo tutti un posto ben preciso dove sistemare ogni cosa, cerchiamo sempre di ordinare il caos che ci circonda, proprio perché il nostro cervello ragiona in questo modo semplicissimo, dare ordine al disordine. Ma dove sistemare le nostre paure, le nostre ansie, le nostre delusioni? Possiamo dire che non esiste un mastello per questo genere di ‘rifiuti’. L’ho pensato ragionando come Oscar, il protagonista principale di queste storie. Un folle a detta degli altri, circondato dalle follie altrui, che non trova spazio in una vita da regolare”.

Come per ogni cosa, anche “Plastica” ha una sua genesi: “L’idea per questo mio romanzo, nasce, come quasi tutte le idee, di notte. Per lavoro sono spesso impegnato a fronteggiare “le notti “; alcune sono tremendamente lavorative altre un pochino più riflessive. In queste l’idea madre di “Plastica” è venuta fuori spontanea. Ad essere sincero l’idea per il titolo del romanzo, ha preso forma proprio mentre scrivevo.”

Una vita di successi in campo medico, dopo anni di studi e sacrifici, Antonio esercita oggi la sua professione non solo nella nostra città, Reggio Calabria, ma anche in altre province d’Italia. Una vita dedicata agli altri, così come prevede il Giuramento di Ippocrate, accompagnata da una smodata passione per la musica e per la letteratura, che tutt’oggi accompagnano lo scrittore nella sua quotidianità.

“Da che possa ricordare ho sempre avuto un innato senso del ritmo e della musicalità, che poi hanno trovato sfogo nella musica vera e propria, quando ho iniziato a strimpellare qualsiasi tipo di strumento musicale mi capitasse per mano. Il tutto è sfociato nello studio della ritmica con la mia prima batteria, agli inizi degli anni ‘90. Per quanto riguarda invece la letteratura, devo confessare, che sono stato letteralmente rapito da un autore, facevo le scuole medie, come Hermann Hesse, e il suo “il gioco delle perle di vetro”. L’amore per la scrittura, quello è nato alla fine del liceo. L’arte medica – continua Cutrupiè arrivata molto dopo, oggi è quella che mi dà da vivere, con grande passione e grande dedizione. Comunque,posso ben dire che continuano a vivere in me, Hermann Hesse, Victor Hugo, J.Kerouac, J. Hendrix, i Led Zeppelin e i Deep Purple, che continuo a ringraziare singolarmente perchè mi hanno aperto gli occhi, su questi universi differenti”.

Nel momento in cui il nostro scrittore decide di mettere nero su bianco i suoi pensieri, lo fa perché ha qualcosa da raccontare: “Ho immaginato la storia di tante piccole follie, quelle della gente comune, quelli come noi, quelli che hanno un passato, un presente e che sperano di avere un futuro. Tutti quelli che hanno subito, i diversi, i diseredati, insomma ho immaginato tante piccole quotidianità così diverse ma così vicine a tutti noi. non intendo solo sofferenze ma specialmente tutte quelle violenze che la società è in grado di infliggere semplicemente etichettati con parole o con atti più o meno voluti, un’intera classe sociale, un’etnia, o più semplicemente il “folle” del villaggio. Ma quando poi lo stesso “folle “si rende conto di essere circondato dal vuoto interiore dell’altro, qui nasce la storia”.

Quelle raccontate da Cutrupi in “Plastica” sono storie di vite normali, che grazie alla sapiente penna dello scrittore prendono vita di fronte agli occhi del lettore: “Ci lamentiamo tutti del fatto che in alcune città del nostro bel paese, sia così difficile interagire anche con il semplice vicino di casa. Poi, Olindo e Rosa, si manifestano in tutta la loro solitudine. Abbiamo amici virtuali anche a 6000 km di distanza, ma non riusciamo più a guardarci negli occhi e ad augurarci un semplice “ buongiorno” in ascensore. Il mio desiderio da scrivente è stato molto banale, cioè quello di scuotere un pochino le coscienze di tutti. Confesso che più che suscitare emozioni nel lettore, ho cercato di metterlo di fronte a una realtà, a quella realtà che vive nel suo guscio quotidiano fatto di ogni gesto compiuto meccanicamente, magari senza aver connesso le parole con le azioni. Azioni che magari passeranno inosservate, ma magari parole che lasceranno un segno.”

E proprio di queste azioni parla il romanzo di Cutrupi. La follia di qualcun altro diventare fonte di malattia personale? Sembra proprio di sì. Oscar, sua madre, Felicita, il padre di Oscar, anche il Commissario Basile, sono individui distrutti, in modo e tempi diversi, dalle loro relazioni.

Un passato, un presente, uno squarcio fotografico su di un fantomatico futuro, sono gli ingredienti. Una trama dai tratteggi psichedelici e psicodinamici, personaggi che sembrano usciti dai fumetti, in un mondo all’apparenza oscuro, contemporaneo. Plastica è una fotografia del presente e delle caratteristiche di una società liquida e dal carattere del “vuoto a perdere“.

“Oscar e Felicita sono un pò due protagonisti principali, uno è la matrice dell’altro. Uno racconta e l’altra percepisce il vuoto altrui paragonandolo a quello interiore. Il commissario Basile così come Oscar e Felicita, sono espressione della mia immaginazione, semplicemente di quella che, di grazia, non manca. Confesso che ho implicitamente coinvolto amici e conoscenti traslitterando nomi e cognomi, ma che quel poco che di vero si può riscontrare, appartiene al mondo di tutti”.

Impossibile non chiedere al nostro autore se in questi scorci di vita da lui raccontati non vi è un pizzico di autobiografia. Perchè come si può descrivere così a fondo qualcosa che non ci ha colpito da vicino. E con ironia e umiltà Cutrupi risponde: “Me lo chiedono tutti compresi i miei amici e parenti più stretti. Direi che di autobiografico non c’è quasi nulla, è chiaro però che alcuni fatti, alcune persone, rivisitati con la fantasia di chi scrive, siano vicini alla realtà”.

Un’altra domanda sorge spontanea, la vicinanza alla nostra terra, la Calabria e alla nostra provincia Reggio. Si perchè Antonio Cutrupi è nato in una delle metropoli più belle e caotiche della Penisola, Milano. E al giorno d’oggi sono più comuni le storie di chi, questa città, è stato costretto ad abbandonarla, anzichè quelle di chi l’ha scelta per costruirsi un futuro.

“Esatto, sono nato e cresciuto a Milano sino alla metà degli anni 90, poi per motivi di studio e successivamente di lavoro, ho iniziato un pellegrinaggio che mi ha condotto qui in Calabria la prima volta verso la fine degli anni 90, terra che mi ha dato le origini, ma non ancora l’accento. Sono ovviamente legato a questa terra che mi ha visto crescere nel periodo migliore di un giovane uomo come gli anni universitari e quelli dei primi passi nel mondo del lavoro”.

Le riflessioni che Cutrupi porta alla luce con la sua opera risultano per il lettore commoventi e allo stesso tempo rassicuranti. “Plastica” sembra quasi trasmettere un messaggio importante “non siamo soli”.

Nella quarta di copertina possiamo leggere “impariamo dai protagonisti a riconoscere al primo colpo dove depositare le immondizie” poche parole, semplici ma ad effetto che costringono il lettore ad un riflessione profonda. “In fondo le immondizie oggi hanno trovato il loro posto. Tutti esperti di riciclo, indifferenziato, vetro, plastica, biologico… ma non siamo riusciti ancora a trovare dove poter smaltire gli errori, le incertezze , le paure legate alla nostra esistenza. Cerchiamo sempre nuove divinità, troviamo loro nuovi nomi, nuovi volti; Oggi è un calciatore, un tronista, una velina. Divinità peggio di quelle del mondo pagano, facili da adorare come da dimenticare. Siamo connessi con il resto del mondo ma moriamo ancora di solitudine e di freddo. Abbiamo trovato dottor Google che ci aiuta nella diagnosi e nella terapia con la facilità di un batter di ciglia, ma non sappiamo o ci viene ancora difficile saper aiutare, seppur nel nostro piccolo, a risolvere il problema di un nostro amico”.

Il Dottor Cutrupi conclude la nostra piacevole intervista con un monito a tutti coloro che prenderanno Plastica fra le loro mani: “Non lo definirei libro di morale, ma a suo modo, soltanto un piccolo martello sulle ginocchia per testare i nostri riflessi di coscienza civile e sociale, che personalmente percepisco ancora fermi al dopoguerra rispetto al resto della nostra cara vecchia Europa”.

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