Doppio Sogno – Radiofreccia compie 20 anni. Ed è ancora lì ad aspettarci

di Pasquale Romano - Vent'anni e dimostrarli. O fo

di Pasquale Romano – Vent’anni e dimostrarli. O forse no. Usciva nell’ottobre del 1998 il primo film di Luciano Ligabue, debutto che incuriosì sia gli appassionati fans che addetti ai lavori e critici cinefili, pronti (e forse vogliosi) di stroncare l’opera prima del cantautore emiliano.

Il tempo sembra non essere passato, al contempo Radiofreccia appare datato, palesando anche più degli anni mostrati dalla carta d’identità. La ‘diacronìa temporale’ si verifica perchè in Radiofreccia la vera protagonista è la provincia, con i suoi personaggi, le leggende metropolitane che si tramandano di padre in figlio, le immancabili tappe al bar.

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La traslitterazione di Ligabue consisteva nel trasferire dei codici musicali alla versione cinematografica le ‘robe’ che ne hanno contraddistinto la carriera. Il bar (gestito da Guccini in Radiofreccia) ha i tratti del ‘Bar Mario’, personaggi come ‘Walter il mago’ popolano il film uscito 20 anni fa, e che ha ottenuto un successo superiore alle previsioni entrando di diritto nell’immaginario collettivo di una generazione.

Un David di Donatello, due Nastri d’argento, un Globo d’oro, due Ciak d’oro tutti i premi vinti da Ligabue. Radiofreccia inoltre è entrato nell’archivio cinematografico permanente del MoMa (il famoso museo d’Arte Moderna di New York), merito anche di un’impeccabile colonna sonora diventata un magnifico doppio cd subito dopo l’uscita del film nelle sale.

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Il titolo dell’opera prima di Ligabue è figlio della sintesi tra la radio (amore speciale per chi, come Ligabue, ha vissuto la propria adolescenza al tempo delle prime radio libere, negli anni ’70) e il nome del protagonista, interpretato da uno Stefano Accorsi che proprio con Radiofreccia lanciò una carriera ricca di successi.

E’ un racconto sincero su un mondo sospeso, indipendente, che vede restringere i suoi confini territoriali ed esistenziali ma ancora oggi prova a resistere. L’urgenza narrativa di Ligabue trova pieno sbocco nei spazi e nei tempi che il cinema permette e dilata rispetto ai canonici 4 minuti di una canzone.

La missione, rischiosa e temeraria, è riuscita in pieno. Ed è riuscita così tanto, nello stesso Ligabue, da rimanergli in testa per quasi 20 anni, sino a quando non ha girato ‘Made in Italy’ con lo stesso Accorsi. Non è un sequel, ma è come se lo fosse. Le fortune rispetto al ‘fratello maggiore’, unico e irripetibile, non potevano che risultare decisamente meno evidenti.

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Il monologo del sottofinale (“Credo nelle rovesciate di Bonimba…”), enfatico e tormentato, è il quadro che meglio fotografa Radiofreccia, la sua ideale sintesi. Sofferto, imperfetto, tremendamente autentico. Ed anche 20 anno dopo, è facile ritrovarsi nelle (dis)avventure che coinvolgono Accorsi e il suo gruppo di amici. Così come è semplice immaginarsi stesi in un prato, davanti ad un fuoco. A vedere la nostra vita bruciare nel tempo…

 

Buon compleanno, Freccia. 

*’Doppio Sogno’ è la rubrica cinematografica di Citynow. Le ultime novità in sala ma anche film recenti e del passato, attori e registi che hanno fatto la storia del cinema. Racconti, recensioni, storie e riflessioni sulla Settima Arte.

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