‘I still love you’. E’ l’ultima frase di ‘These are the days of our lives ‘, cantata da Freddie Mercury in un video girato pochi mesi prima della morte prematura, a sintetizzare il percorso e il tragitto del cantante dei Queen. La rapida ascesa, l’incredibile voce, il clamoroso successo, le discese negli inferi, il tragico sipario.
‘Bohemian Rhapsody’ non poteva racchiudere totalmente i quasi due decenni che raccontano la storia di Mercury e quella dei Queen, il finale scelto è quello del Live Aid, concertone a scopo benefico che nel 1985 raccolse i più grandi miti della musica. In un celeberrimo set di 20 minuti, i Queen tracciarono un solco profondo nella storia musicale del ‘900. Bucarono davvero il cielo, come esclama Malek-Mercury prima di salire sul palco di Wembley.
Non sono molti gli artisti che come Mercury hanno saputo attraversare la scena musicale, imporre stili, inventare nuovi linguaggi. 
Dal rock al pop, glam, progressive, passando per la discomusic e la grande passione per l’opera: i Queen forse più di ogni altro gruppo degli anni ’70-’80 hanno attraversato generi, sfidato regole, reinventato nuovi confini.
L’epicentro è proprio ‘Bohemian Rhapsody’, canzone nata per non avere alcun tipo di schema convenzionale la cui genesi viene ben raccontata.
Il film girato a ‘sei mani’ (Dexter Fletcher iniziò il progetto, poi passato a Bryan Singer, successivamente licenziato, con Fletcher richiamato per concludere la post-produzione) come tutti i biopic che si rispettino ha diviso fan e critica.
La sceneggiatura in effetti non segue in maniera fedele la vita di Freddie Mercury e si comporta alla stesso modo con il percorso artistico dei Queen, è un fatto da considerare (un paio di ‘licenze poetiche’ fanno storcere la bocca) ma da tenere in secondo piano rispetto al resto.
Rispetto, ad esempio, alla prova di Rami Malek. L’attore, esploso con la serie ‘Mr. Robot’, sfoggia una prova esemplare. Dalle movenze sul palco alla riproduzione della voce di Mercury (l’aspetto più complicato), Malek vince una sfida quasi impossibile e dopo la candidatura come miglior attore ai Golden Globe è praticamente certa una doppietta agli Oscar.
Rispettoso e in punta di piedi al cospetto di un gigante della musica, Malek (cosi come fatto da Jamie Fox in Ray, altro biopic) fa ‘suo’ Freddie Mercury, dandone una personale interpretazione ed evitando semplici clichè che tendono alla macchietta.
L’esibizione al Live Aid è il climax non solo del film ma anche delle sue emozioni. Rispetto ad un Freddie Mercury più sicuro di sè stesso e animale da palcoscenico, Malek ha lo sguardo di chi sembra aver vissuto davvero il brivido di tale esibizione, quasi una ‘seconda vita’.
Ne ha vissute molte di più il vero Freddie Mercury, consumato in fretta da un viaggio a doppia velocità. Affamato di musica e arte, curioso ed esploratore nella vita, il cantante nato a Zanzibar ha pagato il prezzo di una libertà che non poteva avere alcun compromesso.
Le contraddizioni tipiche dei miti trovano in Mercury una sfumatura particolare, sfuggente. “Freddie si sentiva imprigionato dalla fama. Ha bramato l’anonimato e la normalità, il più delle volte”, racconta la biografa di Mercury Lesley-Ann Jones.
“I want to break free” cantava Mercury ed è il perfetto contraltare alla scena della conferenza stampa, che accentua volontariamente il macigno che separa la persona (così timida e sensibile) dal personaggio pubblico.
Un’esistenza probabilmente più sofferta e tormentata di quella che il palco ha raccontato in anni di esibizioni spettacolari, e che ha finito per privarci troppo presto del suo inarrivabile talento.
di Pasquale Romano *’Doppio Sogno’ è la rubrica cinematografica di Citynow. Le ultime novità in sala ma anche film recenti e del passato, attori e registi che hanno fatto la storia del cinema. Racconti, recensioni, storie e riflessioni sulla Settima Arte.