Dall’infertilità sine causa alla nascita di Ada. L’emozionante storia di Katia e Angelo

di Vincenzo Comi - Una scarpetta azzurra ad uncine

di Vincenzo Comi – Una scarpetta azzurra ad uncinetto come segno di buon auspicio. È il simbolo di questa storia.

Un racconto in cui ogni parola fluisce dal cuore di una mamma che, insieme al suo compagno, desidera una cosa sola, avere un figlio.

È la storia di Katia e Angelo, una giovane coppia (lei 30, lui 37 anni) che decide, ad un anno soltanto dall’inizio della loro relazione, di concepire un bambino. Il desiderio di diventare genitori è grande fin da subito e l’amore non frena l’importante scelta presa.

Inizia tutto nel 2006, quando decidiamo di avere un figlio, non ponendoci affatto il problema della fertilità – spiega KatiaDopo vari tentativi e dopo aver gioito nel corso dei mesi per la nascita dei figli delle mie amiche, abbiamo avuto il timore che potesse esserci qualche problema. Iniziano i primi controlli, io dalla ginecologa, lui dall’andrologo”.

È da sottolineare come per l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), non è ritenuto un problema patologico se la coppia non riesce ad avere un figlio per meno di un anno. Per avviare qualsiasi percorso di assistenza quindi è necessario far trascorrere un anno.

Non avevano riscontrato nulla di negativo dalle varie analisi fatte e l’indirizzo dell’OMS, da un lato ci tranquillizzava. Abbiamo quindi continuato la nostra vita di coppia con serenità e voglia di diventare genitori. Nel corso del tempo abbiamo anche monitorato i vari periodi di maggiore fertilità, ma non è bastato e la gravidanza non arrivava. Alla festa di battesimo del figlio di una mia carissima amica, mi è stato consigliato di farmi visitare in una clinica specializzata di procreazione medicalmente assistita di primo livello”.

Sono trascorsi già quattro anni dalla decisione di avere un figlio. Inizia per Katia e Angelo il primo step impegnativo.

Ci sottoponiamo nuovamente a tutti gli accertamenti del caso. Non emerge nulla di allarmante. Una riserva follicolare un po’ più ristretta, e per il mio compagno si evidenziava uno spermiogramma valido ma non ottimale. Nulla che impedisse quindi una normale procreazione e che potesse determinare una sterilità di coppia, tuttavia mi è stata consigliato di provare un’inseminazione intrauterina, uno dei metodi più semplici di procreazione assistita”.

Inizia il periodo di inseminazioni intrauterine, esattamente sei cicli, il massimo di quelli consentiti.

Nello specifico gli spermatozoi sono introdotti direttamente nell’utero attraverso un sottile catetere, poco dopo il momento dell’ovulazione naturale o indotta.

Passa un anno e mezzo senza tuttavia alcun successo.

È stato molto faticoso e psicologicamente impegnativo. Andare e venire in macchina, sfruttare il week-end o i momenti di relax in questo modo così stressante, sottoporsi agli esami ed aspettarne gli esiti, sottoporsi all’inseminazione intrauterina per poi aspettare 14 giorni in attesa per effettuare il test di gravidanza è alquanto complesso da sopportare, soprattutto se fatto per sei volte”.

Un percorso che mette alla dura prova Katia e Angelo. La loro vita di coppia è segnata ormai dall’insuccesso e dalla sconfitta di una nuova vita che non vuole ancora arrivare. Consapevoli entrambi del viaggio intrapreso, fermi e ostinati nel continuare il loro cammino decidono di sottoporsi, questa volta a Roma, alla fecondazione assistita di secondo livello.

Ne esistono due tipi: FIVET e ICSI.

FIVET, Fecondazione In Vitro (cioè nella provetta) e Trasferimento dell’Embrione (in utero) e consiste nel far incontrare spermatozoi e ovociti (i gameti), non nella tuba (loro sede naturale), ma in provetta. Una volta in provetta la fecondazione dei gameti avviene però naturalmente. ICSI significa Iniezione IntraCitoplasmatica di uno Spermatozoo nell’ovocita. La tecnica consiste nel facilitare la fecondazione dell’ovocita da parte dello spermatozoo, iniettandolo direttamente dentro l’uovo.

Ci si è aperto un altro mondo. Nel 2011 decidiamo di andare a Roma. Avevamo fame di un consiglio competente. La presenza di alcuni specialisti nello specifico di biologi ci rassicurava. Avevo già 35 anni e per il mondo della procreazione medicalmente assistita di secondo livello ero relativamente giovane quindi se mi fossi rivolta ad un centro pubblico avrei aspettato. Non volevo più attendere e quindi ci siamo rivolti ad una struttura privata”.

A distanza di oltre cinque anni Katia e Angelo non avevano ancora risposte concrete circa la loro impossibilità nell’avere figli. Sterilità primaria, queste erano le uniche due parole che ascoltavano dai medici ovvero sterilità senza una causa determinante.

Arriva il giorno del pick up ovvero il giorno del prelievo degli ovociti dopo un periodo di stimolazione farmacologica, monitoraggi ecografici e prelievi di sangue. Tutto avviene in day hospital, l’intervento del prelievo degli ovociti, il deposito degli spermatozoi da parte del mio compagno e poi i biologi del laboratorio di embriologia hanno fatto il resto. Si sono formati cinque embrioni. Di questi ne sono sopravvissuti tre. Due sono stati trasferiti in cavità uterina. Il rimanente è stato congelato o crioconservato”.

Una scelta condivisa con lo staff medico che ha spiegato alla coppia le motivazioni di questa decisione.

Un aborto spontaneo interrompe però il sogno di Katia ed Angelo.

Dopo 14 giorni vengo a conoscenza dell’inizio della gravidanza, giugno 2012. Ero molto contenta che la gravidanza fosse finalmente partita ma al contempo ero fortemente depressa. Sarà stato lo stress, la fatica, l’ansia per tutto quello che stavamo vivendo ma dopo meno di due mesi ho avuto un aborto spontaneo”.

Un dolore psicologico che segna Katia e la allontana definitivamente dal suo obiettivo.

Sono stata male. Siamo stati male, tutti quanti. Io, Angelo, la mia famiglia. Abbiamo messo tutto da parte. È stato un fallimento totale nel momento più bello della nostra vita. Tutto questo mentre stavamo ristrutturando casa per accogliere il nostro bimbo. Abbiamo deciso insieme di andare avanti rimboccandoci le maniche e voltando pagina”.

Per oltre due anni Katia ed Angelo non affrontano più il discorso fino a quando Katia incontra una sua cara amica che ha vissuto lo stesso problema ma che dopo vari tentativi era riuscita ad avere un figlio.

Il suo racconto mi ha ridato la carica giusta. Decidiamo di tornare a Roma e ripercorrere tutto quanto da capo. Riavvolgiamo il nastro e ricominciamo. Nel febbraio 2015 siamo tornati nella struttura per seguire l’iter, questa volta meno impegnativo della prima esperienza. Non avevamo una grande disponibilità economica ma grazie all’aiuto di un nonno molto fiducioso e desideroso di avere un nipotino, siamo riusciti a portare avanti il nostro sogno”.

Il risultato dell’ennesimo tentativo di Katia ed Angelo è di sette embrioni.

Tre di questi sette embrioni hanno avuto la forza di andare avanti – spiega commossa KatiaDopo una biopsia specifica mi è stato comunicato che due erano euploidi ovvero con un patrimonio genetico completo e quindi compatibile con la vita. Sempre su consiglio dei medici è stato fatto il transfer di un solo embrione, l’altro è stato congelato”.

Era il giugno 2015, tre anni esatti dalla prima esperienza di Roma. Questa volta, la visita romana è tutt’altro che fallimentare.

Nel marzo 2016 nasce Ada.

Ho trovato, giusto qualche giorno fa, una scarpetta azzurra ad uncinetto che mi era stata regalata da una mia amica. Mi ha commosso e le ho mandato la foto. La sua risposta è stata: ‘merito tuo e della tua perseveranza’. Il consiglio che mi sento di dare alle donne che non riescono ad avere figli è quello di cercare la propria strada, insistere ed essere forti”.

ARTICOLO TRATTO DALLA RIVISTA TRIMESTRALE DI SALUTE E BENESSERE ‘VIVI BENE’ DELLA FARMACIA ‘FATA MORGANA’ DI REGGIO CALABRIA

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